Massimo Troisi nasce il 1953, da un macchinista ferroviario e da una casalinga, a San Giorgio a cremano e cresce in un appartamento sovraffollato (cinque fratelli, due genitori, due nonni e cinque nipoti).
Fin dall’infanzia soffriva di febbre reumatica che provocarono scompenso cardiaco alla valvola mitralica.
Il 4 giugno 1994, poche ore dopo la fine del suo film più impegnativo “Il postino”, si rilassò a casa di sua sorella ad Ostia e morì proprio lì quella notte, appena 12 ore dopo la fine del suo film che non avrebbe dovuto affrontare.
Alla vigilia del “Postino” Troisi era tornato in America da suo chirurgo che lo aveva già operato in gran segreto all’inizio della sua carriera.
Troisi era rassegnato ad andare incontro al suo destino tant’è che non si risparmiò di girare con gran fatica i suoi film.
Il successo fu inatteso e immediato e consentì al giovane Troisi di esordire al cinema con “Ricomincio da tre” (1981), il film che decretò il suo successo come attore e come regista.
Con il toscano Roberto Benigni, Troisi trovò con lui un’empatia istintiva, insieme recitarono nel film “Non ci resta che piangere”, altro successo.
Il ricordo di Gerardo, il ragazzo che lo aiutò nel suo ultimo film “IL POSTINO”, per le scene più faticose in cui Massimo, che stava male, non riusciva a reggere.
Una somiglianza palese che inganna tutti: “Il film era iniziato da qualche mese, – racconta – c’era la necessità di dare un po’ il cambio a Massimo, che non poteva reggere le scene in bicicletta. Fui contattato da un giovane della produzione del film. Mi conosceva e volle una mia foto. Pensavo fosse uno scherzo, due giorni dopo mi chiamarono a Roma. Era l’inizio di aprile del 1994“. E poi racconta di una dedica fattagli da Massimo: “A Gerardo per la pazienza e l’abnegazione con le quali ha reso più piacevole e meno faticoso il mio lavoro”.
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