Se il mondo in queste ore guarda al duello Biden-Xi, Maurizio Crippa nella sua rubrica in prima sul Foglio scova in tv un’altra coppia, tutta italiana, che fa riflettere: Jo Squillo-Terence Hill. Non lamentiamoci, dai.
«Che la tivù sia il ricettacolo di ogni schifezza è un pregiudizio che dovremmo evitare di avere, anche a rischio di dover trangugiare pure Scanzi e la Gruber. Ci sono ad esempio meravigliose presenze, donne che lo spettacolo lo sanno creare, e soprattutto farci transitare un’idea, lucidandola di bellezza. Come Jo Squillo, che si è infilata nella casa del “Grande Fratello Vip”, il lavoro è lavoro, ma l’altra sera s’ è presentata in diretta coperta da un niqab, lasciando scoperti solo gli occhi: in segno di solidarietà con le donne afghane. Per qualcuno una boutade, ma invece il messaggio è passato, ed è passato forte: nessun’altra in tivù ci aveva pensato. (E premio calembour d’oro a Signorini, quando le ha detto: “Ora però rivestiti”). Un altro bravo che ha saputo ben trafficare con un costume nero è Terence Hill. Ieri ha girato l’ultima scena della sua vita di “Don Matteo”, dopo 250 episodi in vent’ anni di successi. E il miracolo non è aver tenuto in piedi due decenni di prime serate Rai. E’ che per vent’ anni è stato l’unico vero interprete di quello che qualcuno chiamava “l’eccezionalismo italiano”, il fatto (assai strano) che l’Italia sia ancora un Paese moderatamente cattolico. L’unico prete a insegnare il Vangelo da uno schermo agli italiani che in chiesa non vanno più. Jo e il don, due miracoli di libertà, in abito nero».