Vitaly Shishov, oppositore del regime di Lukashenko e attivista di Casa Bielorussia, è stato ucciso ieri a Kiev, nella capitale dell’Ucraina, dove era rifugiato da tempo. A molti è apparsa un ritorsione per la clamorosa fuga dalla velocista bielorussa, che partecipava ai Giochi olimpici di Tokyo. Alessandra Muglia per il Corriere.
«Il cellulare trilla a vuoto per ore. Uscito di casa lunedì per il consueto jogging mattutino nel parco vicino casa, appena fuori Kiev, Vitaly Shishov non è più tornato. La sua compagna, Bozhena, dà l’allarme. Angoscia alle stelle. Partono le ricerche. In pista anche i suo colleghi della Casa Bielorussia, la ong da lui guidata nella capitale ucraina che supporta i connazionali in fuga dal regime. Uno di loro, Yuri Shchuchko, stava frugando tra i cespugli quando ieri intorno alle 7 del mattino riceve la chiamata attesa, ma che non avrebbe mai voluto ricevere: hanno trovato il corpo, dall’altra parte del parco. È toccato a Yuri identificarlo. Secondo alcuni attivisti Vitaly aveva il naso rotto. Il capo della polizia ucraina ha rilevato graffi sul naso, sul ginocchio sinistro e altre parti del corpo e ha aperto un’indagine per omicidio, senza tralasciare alcuna pista, inclusa quella di un omicidio camuffato da suicidio. Per la Casa Bielorussia però non ci sono dubbi: «Si tratta di un’operazione pianificata dai cekisti (agenti dei servizi segreti, ndr )», ha affermato la ong in una nota, accusando dell’omicidio la rete del presidente-dittatore Lukashenko, al potere da 27 anni. Il caso ha i contorni di un’esecuzione dimostrativa per mano del Kgb bielorusso e arriva nel pieno dello scandalo creato dalla velocista bielorussa che ai Giochi di Tokyo ha denunciato i soprusi della sua federazione, ha rifiutato di essere rimpatriata a forza e ha chiesto asilo all’Europa. Una ritorsione a orologeria: a essere colpita è la ong che ha aiutato Arsenij Zdanevich, il marito dell’atleta, a lasciare la sua casa e a mettersi al sicuro in Ucraina. Un attacco annunciato. Inseguimenti in macchina, appostamenti: Vitaly, 26 anni, originario di Rechytsa, cittadina a sud della Bielorussia, 300 km sopra Kiev, si sentiva sotto costante sorveglianza da quando l’anno scorso era fuggito in Ucraina, per via della feroce repressione di Lukashenko contro il movimento che contestava la sua rielezione. Di recente, al parco, era stato avvicinato da sconosciuti che gli chiedevano della vita nel suo Paese. La sua ong era stata avvisata dalle autorità ucraine e anche dalle stesse forze di sicurezza. «Vitaly mi aveva chiesto di prendermi cura delle persone vicine a lui. Aveva una sorta di presentimento» ha dichiarato Shchuchko al Global Time , sito russo indipendente in lingua inglese. Neanche chi fugge all’estero è al sicuro. Palina Brodik, del Free Belarus Center a Kiev , parlando con il Corriere mette in guardia l’Europa: «Sta crescendo la sensazione di insicurezza tra i 276 mila bielorussi fuggiti in Ucraina nell’ultimo anno. Quanto accaduto provocherà una nuova ondata di emigrazione dall’Ucraina verso l’Ue. Dobbiamo capire che la maggioranza di queste persone fugge dalla persecuzione politica: in Bielorussia si praticano violenze e torture di Stato, basta avere un canale Telegram sul telefonino per finire negli ingranaggi della repressione». Devastata dalla scomparsa di Shishov, Svetlana Tikhanovskaya, la leader dell’opposizione in esilio: «Io potrei sparire in ogni momento, questo lo so, ma devo fare quello che sto facendo, so che se anche un giorno dovessi sparire, questo movimento continuerebbe». La comunità internazionale ha reagito con preoccupazione: l’Onu ha chiesto un’indagine «rigorosa»; per il presidente dell’Europarlamento David Sassoli «il fatto che gli attivisti bielorussi siano presi di mira nei Paesi terzi è una grave escalation» da parte del regime».