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CARO BOLLETTE, OGGI SI DECIDE

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Dopo riunioni e contatti, oggi dovrebbe essere il giorno della decisione del Governo per ridurre l’impatto del caro bollette di luce e gas. Roberto Petrini per Repubblica.

«Il governo è pronto a varare nella riunione di oggi la manovra per sterilizzare il rincaro delle bollette della luce e del gas con 3 miliardi. All’esame dell’esecutivo anche una nuova dilazione dell’invio delle cartelle fiscali. Arrivano anche 900 milioni per finanziare le indennità di quarantena per chi è entrato in contatto con malati Covid. Slitta a martedì 28 la presentazione della nota di aggiornamento al Def con le nuove cifre del Pil e del deficit. «Nel Consiglio dei ministri ci saranno i fondi per calmierare le bollette », ha annunciato ieri il titolare degli Esteri Luigi Di Maio. Anche Antonio Misiani del Pd ricorda che «è necessario un intervento molto robusto da parte del governo». Conferme dell’intervento da parte Mariastella Gelmini, ministra per gli Affari regionali che ha chiesto di evitare «ulteriori aggravi sui bilanci delle famiglie ». L’accelerazione, dopo le incertezze dei giorni scorsi, è arrivata anche per consentire di raggiungere una decisione in tempo utile per definire le nuove tariffe già dal prossimo trimestre ottobre-dicembre. La cifra stanziata dovrebbe essere di circa 3 miliardi, necessari ad evitare una stangata per i cittadini (senza intervento ci sarebbero aumenti del 40 per cento della luce e del 30 per cento del gas). L’intervento sarà strutturato in modo analogo a quello di fine giugno che aveva previsto un finanziamento di 1,2 miliardi. Le risorse arriveranno dai soldi recuperati nelle pieghe del bilancio e dalle aste di CO 2 e serviranno per tagliare gli oneri di sistema. Sarà ampliato anche il bonus sociale per aiutare i nuclei familiari meno abbienti. Nella legge di Bilancio invece verrà inserita la riforma della bolletta con un passaggio della copertura degli oneri di sistema sulla fiscalità generale. Pronti anche 900 milioni per finanziare per il 2021 le indennità di malattia dovute alle assenze per chi sta in “quarantena” perché entrato in contatto con un caso positivo al coronavirus (oggi è tra i 7 e i 14 giorni). L’indennità introdotta con il decreto Cura Italia lo scorso anno (e finanziata con 600 milioni) è destinata ai lavoratori privati (nel pubblico si va in malattia senza ostacoli) e naturalmente non riguarda chi può rimanere in smart working. «Contiamo che tutti i settori siano trattati allo stesso modo», commenta Antonello Orlando, esperto della Fondazione studi consulenti del lavoro. Intervento anche sulle cartelle esattoriali, chiesto a viva voce da settimane dalla Lega. Le cartelle ferme, secondo fonti dell’Agenzia delle Entrate, sono circa 20-25 milioni e per 4 milioni di contribuenti sono pronte a ripartire le notifiche da qui alla fine dell’anno in modo da essere spalmate nei quattro mesi che vanno da settembre a dicembre. Percorso troppo corto: l’ipotesi da cui si parte è di scaglionare le cartelle congelate nell’arco di uno o due anni. Slitta invece a martedì della prossima settima la presentazione della Nadef, la nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza. Le cifre vengono confermate: dopo la previsione dell’Outlook dell’Ocse che ha portato il Pil dell’Italia al 5,9 per cento la possibilità di centrare il 6 per cento è a portata di mano, anche perché l’Italia è tra i pochissimi Paesi che accelerano in un quadro di leggero rallentamento della ripresa mondiale. Resta aperta la questione del fisco: la delega dovrà arrivare nei prossimi giorni, ma come è noto la delega non ha risorse e prevede una serie di provvedimenti attuativi, inoltre apre la strada a contestazioni sulla questione del catasto che ha visto anche ieri Lega e Forza Italia decisamente contrarie. Per questo il taglio delle tasse entrerà in legge di Bilancio con un anticipo della riduzione del terzo scaglione Irpef e una limatura dell’Irap facendo conto su parte della maggiori entrate dovute alla crescita, che ammontano a 10-12 miliardi».

Il Presidente dell’Inps Pasquale Tridico, intervistato da Paolo Baroni della Stampa, sostiene che la ripresa va accompagnata da misure che stabilizzino l’occupazione. Come il salario minimo.

«Gli incentivi devono essere selettivi, più si mira al target e più funzionano bene, altrimenti si rischia di sprecare risorse, sostiene Pasquale Tridico. «Questo – spiega il presidente dell’Inps – è il momento di mettere in campo interventi contro la precarietà ed i salari bassi e poi occorre favorire l’occupazione di donne e giovani. Perché la crescita c’è ed forte ma deve essere inclusiva». Presidente la ripresa è in corso, il Pil cresce in maniera robusta, il lavoro anche ma non allo stesso ritmo e soprattutto i nuovi contratti sono in prevalenza a termine. Si potrebbe dire non è esattamente lavoro «buono». «Tutti i dati sono positivi. E lo riscontriamo nelle entrate contributive, che per noi sono un po’ il termometro dell’andamento dell’economia, salite dell’8%, circa 9 miliardi in più rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Oltre a questo abbiamo un dato molto importante sugli occupati, cresciuti complessivamente quasi di un milione in più rispetto al primo semestre 2020 e cresciuti anche rispetto al 2019, e poi c’è il dato sul Pil che ormai è certo viaggia al 6%. I dati aggregati sono certamente buoni, poi certo anche noi notiamo che ci sono molte assunzioni a tempo determinato e disuguaglianze di genere che permangono, come l’alta incidenza di part-time per le donne». Anche i contratti di somministrazione stanno crescendo molto: la precarizzazione sta aumentando anziché calare. «Una delle ragioni può essere la sospensione del Decreto dignità che nel 2019 aveva operato con molta evidenza nel ricomporre il mercato del lavoro a favore del tempo indeterminato e che nel 2021 il legislatore ha deciso invece di sospendere fino al settembre 2022 a causa della pandemia. Anche per questo nonostante la ripartenza cresce l’occupazione a termine e purtroppo permangono le disuguaglianze, e le disparità di genere pure. Appena possibile sarà necessario favorire la stabilità dei lavoratori, anche con incentivi mirati, perché se dobbiamo crescere come stiamo facendo ora, è bene che la crescita sia per tutti. La nostra deve essere una crescita inclusiva mentre una crescita trainata da un lavoro che non è stabile certo non lo è». Quindi cosa occorre fare? «Ci sono strumenti che col tempo possono essere gradualmente reintrodotti: da una parte si può riattivare il decreto dignità e dall’altra si può introdurre il salario minimo». Quello del salario minimo è un tema molto delicato, soprattutto per i sindacati per i quali “i minimi” sono quelli dei contratti nazionali «Nei decenni passati la contrattazione sindacale è stata uno strumento che ha certamente favorito la crescita dell’economia e la distribuzione della produttività. Purtroppo oggi abbiamo quasi 900 contratti e questo genera fenomeni di vera e propria pirateria contrattuale. Se avessimo una legge sulla rappresentanza ed una legge che consente di evitare dumping salariale, sarei favorevole a percorrere questa strada. Il nostro modello è molto simile a quello tedesco ed in Germania, con un sistema di contrattazione altrettanto forte, si pensa di portare il salario minino a 12 euro. Mentre anche Biden vuole portarlo a 15 dollari (ovvero 13 euro), questo perché probabilmente si sono resi conto che la frammentarietà, la poca sindacalizzazione di certi settori e l’aziendalizzazione delle relazioni industriali avvenuta negli ultimi 20-30 anni ha causato un certo dumping salariale». Da noi quale sarebbe un valore equilibrato? «Se considerassimo come soglia un valore intorno ai 9 euro lordi sarebbe coerente con quanto suggerito da una direttiva Ue dell’anno scorso. Molti studi provano come il salario minimo sopra una certa soglia aumenti la produttività, perché spinge verso investimenti capital intensive e una più efficiente allocazione del lavoro, non fa aumentare la disoccupazione e fa diminuire il lavoro povero. Non è da trascurare l’impatto sulla qualità della vita e la salute, in particolare dei bambini, oltre che su un maggior gettito per la finanza pubblica».

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