Ieri mattina Matteo Messina Denaro è stato arrestato dal Ros dei Carabinieri in una clinica di Palermo, dopo 30 anni di latitanza. Tutti gli articoli. Si tratta sulla benzina. Via la ministra tedesca
È caduto l’ultimo grande latitante, Matteo Messina Denaro, il boss leggendario della mafia paragonato nel trapanese a padre Pio. Alle 9.35 di ieri mattina è stato fermato alla clinica La Maddalena di Palermo. Non ha opposto resistenza. Ora si trova in carcere. È un giorno importante per lo Stato e per i tanti che combattono la mafia sul territorio. È anche legittimo che la nostra premier rivendichi con orgoglio il grande colpo contro Cosa Nostra. L’antimafia non è solo appannaggio della sinistra e se mai emergeranno connivenze politiche (30 anni di latitanza sono un record e dobbiamo ancora capire dove Messina Denaro si nascondeva) è sacrosanto che il governo voglia insistere sulla strada della legalità. Hanno però anche ragione coloro che, anche fra i familiari delle vittime come Luciano Traina qui su Vita.it, raccomandano prudenza e appaiono più scettici: questo arresto era stato annunciato da mesi. Messina Denaro si è ammalato di cancro e proprio ricercando sui malati oncologici, l’indagine ha potuto scoprirlo. La cartella clinica avrebbe rivelato che, sotto mentite spoglie , il boss è stato operato a Palermo per un cancro al colon e che ora avrebbe metastasi nel fegato. Era in fila per la chemioterapia.
C’è anche chi è andato a rivedere un’intervista televisiva di Massimo Giletti, realizzata a novembre con Salvatore Baiardo, ex braccio destro del boss, in cui veniva ipotizzata una possibile cattura, più o meno direttamente trattata con lo Stato. Affermazioni che il procuratore aggiunto di Palermo Paolo Guido ha liquidato come «una coincidenza, è stata una indagine pura, fatta con le intercettazioni». Tant’è vero che Il Fatto di Travaglio ne ha sottolineato l’importanza. In polemica col Ministro della Giustizia Carlo Nordio, che ha dichiarato da tempo guerra proprio alle intercettazioni come strumento di indagine spesso abusato. L’altra polemica è quella di Filippo Facci su Libero, che scrive: “Sono sempre i mitici Carabinieri dei Ros che arrestano i mafiosi veri o quelli che noialtri chiamavamo ancora così, mafiosi, mafia: non sono quei magistrati che invece hanno osteggiato i Ros (Raggruppamento operativo speciale) per decenni, e, addirittura, li hanno processati”.
Si sa, anche un successo importante come l’arresto di un grande boss viene tirato di qua o di là, per portare acqua al proprio mulino. È comunque difficile che Matteo Messina Denaro, una volta catturato e messo in un carcere di massima sicurezza, voglia collaborare e raccontare i segreti di 30 anni di Cosa Nostra. Soprattutto quelli sulle stragi di Capaci e di via D’Amelio. Che spieghi chi le ha volute e perché. Questo sì potrebbe provocare un vero terremoto.