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giovedì 16 Gennaio 2025 - 17:12
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CINGHIALI A SPASSO IN VISTA DEL VOTO

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È un’invasione, che non rispetta il periodo elettorale. Ma educata, dicono sia Gramellini che Feltri, ammirati dal comportamento serio dei cinghiali. Cominciamo da Massimo Gramellini sul Corriere.

«I cinghiali hanno lasciato la campagna per invadere la campagna elettorale. A Roma non c’è candidato che non segnali con costernazione la presenza di branchi a passeggio per le vie della Capitale (ieri facevano shopping di rifiuti tra i rigogliosi cassonetti di Monte Mario), attribuendone la responsabilità alla sindaca uscente. La quale, a sua volta, può sempre imputare alle innocenti bestiole le buche stradali che hanno trasformato i viaggi al volante in un’esperienza urologica. Anche a Torino si segnalano comitive di cinghiali chic nella zona precollinare, dove, sottolinea Luciana Littizzetto, hanno preso il posto di Cristiano Ronaldo. Però vogliamo dirla tutta? Superato il primo momento di sconcerto, non si può non riconoscere a questi ungulati una timidezza e un’educazione del tutto ignote a noi umani. Si prendano a esempio i cinghiali romani che solcano da giorni la via Trionfale. Sono disciplinati e silenziosi come soldatini in marcia, attenti a evitare stormi di monopattini, branchi di macchinoni parcheggiati in terza fila e greggi di passanti telefono-muniti, da cui si distinguono perché, a differenza loro, attraversano sulle strisce pedonali e camminano guardando davanti anziché in basso. Non sembrano più nemmeno troppo spaventati dall’uomo, ma forse cambierebbero idea se entrassero in uno studio televisivo. Prima o poi accadrà e allora potrebbero utilmente riciclarsi come ospiti, imponendo uno stile più rigoroso al dibattito».

Mattia Feltri sulla Stampa ragiona sul fatto che non si possono ipotizzare grandi soluzioni:

«La meravigliosa storia dell’invasione dei cinghiali illumina lo stadio evolutivo dell’uomo interconnesso: non molti anni fa, avvistando l’ostile ungulato, l’essere umano avrebbe imbracciato la doppietta e fatto fuoco, ora impugna lo smartphone e fa il video. Non saprei – non voglio urtare i sentimenti degli animalisti più accesi – se la doppietta mitigherebbe il problema, ma col video l’uomo interconnesso lo rimarca perché qualcuno lo risolva. Decine di video raccontano le scorribande ungulate nella capitale, e gli autori ne chiedono conto alla sindaca Raggi. Va bene, sarà anche faccenda di rifiuti, cioè di cibo a buon mercato, ma ho il sospetto dipenda pure dall’accoglienza: l’uomo interconnesso è ostile soltanto sui social, ma i cinghiali non hanno account Istangram e non lo sanno. Passeggiano fra ali di folla un po’ timorosa e un po’ ammirata dalla marziale fila di madri e cuccioli, che pasteggiano e arrivederci, è stato un piacere. Sapete che farei, se fossi Raggi? Non lo so. A parte aiutarli a casa loro, l’unica idea che mi viene in mente presuppone l’acquisto di quintali di pappardelle ma lo dico così, per gioco, non vorrei urtare i sentimenti eccetera: dovreste vedere la polemica fra sostenitori e avversari della caccia, che si rimpallano le responsabilità del passaggio in dieci anni da mezzo milione a due milioni e mezzo di cinghiali. Dopo aver filmato il problema, l’uomo interconnesso si chiede di chi sia la colpa. Sulle soluzioni, buio fitto. Perché per fortuna non ce n’è bisogno, l’uomo interconnesso la soluzione l’ha in sé, e la esibirà domani quando l’indignazione avrà un nuovo orizzonte: «A cinghia’, te scansi?».

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