Per Francesco Bei di Repubblica la vera chiave di lettura dell’iniziativa politica di Conte è il risentimento contro Mario Draghi. La prospettiva è quella della “guerriglia” al Governo (il governo horror di Di Battista).
«Questa spinta del turbo-Conte, avrà naturalmente un impatto non secondario nei rapporti interni alla maggioranza. Soprattutto con Mario Draghi. A parlare con alcune fonti bene informate, salta fuori che i rapporti tra i due siano formalmente cordiali ma politicamente glaciali. Si vedrà se davvero verrà messo in agenda un faccia a faccia, come Conte ha annunciato da Floris. Intanto si può qui ricostruire che, da febbraio a oggi, sono stati soltanto tre i colloqui tra il leader in pectore dei 5S e il premier. E in tutte e tre le telefonate, Conte ha cercato di mettersi contro una decisione già presa da Draghi. È accaduto una prima volta un mese fa, quando il presidente del Consiglio ha deciso di piazzare Elisabetta Belloni a capo del Dis, il Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza. Conte ha provato a opporsi, sostenendo il prefetto Gennaro Vecchione. Telefonata non facile, ruvida. Alla fine inutile. Stesso meccanismo nel colloquio sul futuro della Cassa Depositi e Prestiti. Contro la scelta di Draghi di nominare Dario Scannapieco come nuovo amministratore delegato, in sostituzione di Fabrizio Palermo, Conte le ha tentate tutte, senza esito. Infine, l’ultima battaglia combattuta (e persa) sulla sponda opposta a quella di Palazzo Chigi, sul blocco dei licenziamenti. Conte ha provato a mettersi nella scia del ministro Andrea Orlando sulla proroga del blocco. Il leader M5S si è fatto sentire direttamente con Draghi, avvertendolo che Palazzo Chigi non poteva ignorare il parere del partito di maggioranza relativa. Il problema è che il capo M5S si è mosso in ritardo, quando Orlando aveva già smesso di presidiare la norma e aveva imboccato una exit strategy. A quel punto, senza più la sponda dell’ala sinistra del Pd, l’ex premier si è ritrovato spiazzato e ha dovuto arrendersi. Ma, al di là dell’esito sfortunato delle tre battaglie condotte da Conte lontano dai riflettori, il punto è un altro. Il punto è che la strategia, nonostante i proclami di «lealtà» al suo successore, prevede una tattica guerrigliera per conquistare spazi e riportare il M5S a essere nei sondaggi «al primo posto». Lanciando un abbraccio avvolgente all’ala barricadera che guarda ad Alessandro Di Battista».