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venerdì 11 Ottobre 2024 - 10:50
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Conte: “Ho fatto la storia della Juventus, ma voglio vedere il Napoli crescere”

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L’anti vigilia di Juventus-Napoli è vissuta da Antonio Conte nella memoria di Totò Schillaci, che come lui è stato un giocatore della Juventus. “Per noi del Sud rappresentava l’esempio di chi ce l’aveva fatta. È un grosso dispiacere. L’ho conosciuto il primo anno alla Juventus, ero alla prima esperienza e lui era già un giocatore molto affermato”.

Con la Juve per testare il livello di crescita della squadra?
«Per tutte le squadre il mercato finito così tardi ha portato a una fase di assestamento. Alcuni giocatori sono arrivati da pochissimi giorni. Si sono dovute affrontare tre partite con calciatori appena arrivati. Stiamo lavorando sodo per trovare la giusta squadra. Chi ha tempo non aspetti tempo ed è inevitabile dire che ogni partita vale i tre punti. C’è la necessità di ottenere e vedere delle buone prestazioni, ma anche di fare i punti. Sono quelli che contano. Mi aspetto di dare continuità, crescere sotto tutti i punti di vista e non fermarci su quale è stata la nostra ultima partita».

È una partita particolare, anche per lei. Ha un sapore speciale. Esagerato definirlo già un esame?
«Ogni test è un esame. Lo è stato a Cagliari per alcuni aspetti. Abbiamo dovuto giocare su un campo difficile, con un ambiente complicato. A volte può essere un esame a livello tattico o tecnico, altre per il temperamento. Dobbiamo affrontare questo test con la massima professionalità possibile».

Un Napoli in ricostruzione un’altra che ha speso moltissimo e che vuole rilanciarsi
«Noi ci auguriamo che possa essere una sfida che possa contare qualcosa e avere un valore importante. Lo stesso vale per la Juventus. Sicuramente si parte su due livelli diversi. Noi abbiamo 18 punti da recuperare rispetto allo scorso anno. C’è la voglia di rivalsa da parte di entrambe. Non penso che la Juve possa accontentarsi di arrivare terza e a distanza siderale dall’Inter. Noi ovviamente non possiamo pensare di finire a 40 punti dalla prima. Speriamo che quando ci sarà il ritorno si possa parlare avendo più certezze in mano».

Che sfida è per lei dal punto di vista emotivo?
«È inevitabile che la mia storia parla chiaro. Ho trascorso 13 anni alla Juventus da calciatore, dove sono stato anche capitano. Abbiamo vinto praticamente tutto. Ho avuto la possibilità di fare tre anni da allenatore, arrivando in un periodo molto difficile alla Juventus e entrando in un momento storico importante. Faccio parte della storia della Juventus per quello che ho dato. Da calciatore è più semplice scegliere la propria strada. Da allenatore è molto difficile se non impossibile che si possa decidere da soli la propria carriera. Ho allenato in piazze diverse dalla Juventus dopo tre anni li, piazze che ho onorato e di cui ho difeso i colori. Oggi per me è un orgoglio allenare il Napoli. La storia non la può cancellare nessuno. È inevitabile che per me ci sarà una grande emozione tornare in uno stadio che ho inaugurato da allenatore. Sarà la prima volta per me tornarci con i tifosi. Lo stesso sarà quando tra un bel po’ (ride, ndr) allenerò il Napoli da avversario”.

Ha trovato il vestito migliore in questa settimana? Quale quello della Juventus?
«Dobbiamo indossare un bell’abito a livello calcistico. E per questo bisogna essere pronti, ma anche a sporcarselo appena usciti dal sarto. Bisogna essere bravi a sporcarselo, anche sapendo di avere un bell’abito addosso. Io credo che questo sia un ottimo connubio. Faccio l’esempio anche dell’Inter, che è andata a giocare in casa del Manchester alternando bel calcio a momenti in cui si è difesa, quindi indossando diversi abiti. Non si può indossare un solo abito e pensare di essere sempre vincenti. Lo scorso anno si pensava troppo ad attaccare e c’era un senso di disequilibrio. Ma non si difendeva bene e non si attaccava il possesso di palla”.

Una squadra che sa andare in battaglia meglio, meno borghese. Quanto ha inciso l’aspetto fisico?
«Penso che qualcosa sia cambiato rispetto all’anno scorso. Ci sono stati molti arrivi e partenze. L’aspetto fisico oggi è importante. Per me un calciatore top deve essere forte, veloce e resistente. La qualità do per scontata che ci sia. Stiamo cercando di lavorarci. Sono arrivati dei calciatori nuovi che proviamo a inserire assieme a quei 12 giocatori che insieme al club che abbiamo deciso di confermare».

È un vantaggio non giocare le coppe? Come sta la Juve?
«Motta raccoglie un’eredità pesante, di un allenatore che ha scritto parecchie pagine di storia. Allenare la Juve non è mai una cosa banale. Motta è stato un mio calciatore con la Nazionale, e questo mi fa sorridere e un po’ mi rattrista perché sto iniziando a diventare un po’ vecchio. È un ragazzo molto serio, bravo, che a Bologna ha fatto benissimo. Gli auguro il meglio dal punto di vista umano. Assenza delle coppe europee? C’è un vantaggio e lo svantaggio. Dal punto di vista lavorativo per me che sono al primo anno posso lavorare di più. Quando si arriva in un nuovo club c’è bisogno di tempo. Sarebbe stato difficile dovendo giocare tre partite alla settimana. Lo svantaggio è che la rosa non è competitiva come quando bisogna fare le coppe europee. Invece di avere 25 giocatori di un certo livello ne abbiamo 16 o 17”.

Come procede con i nuovi?
«Più tempo passa e più c’è la possibilità di lavorare con loro. È stato un periodo positivo, perché hanno capito l’idea di calcio che vogliamo fare e si stanno adattando alla metodologia di lavoro. Stanno capendo cosa vuole l’allenatore. Ho dei ragazzi che sono molto ricettivi e ci possono dare un buon apporto».

Il Napoli ha concesso un po’ troppo ultimamente?
«Tutti vorremmo sempre la partita perfetta. Mi auguro un giorno di giocare la partita perfetta dove c’è il totale dominio senza lasciare un’occasione. Il campionato italiano è molto tattico e difficile. Tutti si preparano sugli avversari. Ci sta di lasciare attaccare anche gli altri. Però metterei la firma per subire un gol in tre partite».

Tanti falli su Kvaratskhelia?
«Odio il gioco violento, anche da calciatore non ho mai fatto un’entrata per far male a un avversario. Mai mi sono permesso di dire a un mio calciatore di dare calci per spaventare gli avversari. Forse è quello che è capitato a Cagliari, dove forse c’è stato un fallo intimidatorio. In quel caso gli arbitri non devono avere paura di usare un giallo o un rosso, anche dopo pochi secondi. In questo caso non penso che nessuno volesse far del male a Kvara, però forse un giallo ci poteva stare. Sanzionare significa proteggere il calcio e i calciatori di talento”.

Un ricordo di Schillaci?
«Arrivato a Torino da persona del Sud lo vidi subito come un riferimento e avevo molto legato con lui. Era sempre disponibile. Per me lì alla Juventus erano tutti dei campioni, e io gli davo del “voi” in senso di rispetto. Ma lui era una persona molto umile”.

L’arma vincente del Napoli di due anni fa si sta rivedendo adesso?
«Lo spirito di gruppo è sempre l’arma vincente di squadre che vogliono essere competitive. La voglia di aiutarsi nei momenti di difficoltà è la cosa più importante. Ho trovato un gruppo di ragazzi per bene, senza egoisti. Per me è stato più semplice battere su certi tasti. Lo spirito di gruppo si costruisce durante il percorso e durante le cadute. Per superare i momenti difficili serve una comunicazione onesta. Meglio una brutta verità che una bella bugia».

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