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GREEN PASS, BOOM E CRITICHE

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Incredibile boom del Green pass che nel primo fine settimana di obbligo nei locali al chiuso è stato scaricato da quasi 7 milioni di persone. Un numero impressionante. Luca Cifoni e Michele di Branco per il Messaggero hanno raccolto i primi dati molto positivi per il turismo: il certificato verde funziona.

«Industria turistica pronta al colpo di coda estivo, con i numeri della stagione balneare che tornano ai livelli del 2019. L’introduzione del green pass e la spinta alle vaccinazioni sembrano aver inciso positivamente sul settore offrendo un quadro di regole certe che ha portato molti italiani e stranieri (evidentemente rassicurati dalla prospettiva di soggiornare in luoghi e strutture più sicure) a spostarsi e a prenotare hotel, b&b e ristoranti. L’estate era partita un po’ fiacca: il bimestre maggio-giugno non è andato bene. Ma a luglio c’è stata finalmente una ripresa e agosto promette un ulteriore rilancio. A Roma le camere occupate sono aumentate del 10 per cento. La conferma di questa tendenza arriva da Bernabò Bocca. «L’effetto della campagna di vaccinazione è stato molto positivo», riconosce il presidente di Federalberghi spiegando però che la riscossa riguarda soprattutto il comparto balneare, «ormai pronto, proprio nei mesi di luglio e agosto, a pareggiare i dati di presenze e fatturato dell’estate 2019». Le mete: «È un dato di fatto osserva ancora Bocca che i turisti tedeschi, francesi e in generale del Nord-Europa, stanno tornando ad affollare le nostre coste. E la ragione, evidentemente, è che si sentono più sicuri rispetto ad altre mete tradizionali, come Grecia e Spagna». Certo, ammonisce il numero uno di Federalberghi, resta il problema delle città d’arte, dove il turismo continua a faticare «ma in quel caso pesa l’assenza degli statunitensi». Anche se Roma, Firenze e Venezia appaiono in risalita dopo il -49,6% di presenze dell’anno scorso. L’obbligo di Green pass, va ricordato, non si applica direttamente per l’accesso alle spiagge e nemmeno per gli hotel, ma vale per i ristoranti al chiuso compresi quelli degli alberghi (nel caso di clienti esterni), per i musei e per i parchi a tema. Verosimilmente ha contribuito a rassicurare i viaggiatori: già a luglio Assoturismo Confesercenti prevedeva che il certificato verde avrebbe generato 2,2 milioni di presenze straniere aggiuntive. La locomotiva della ripresa, comunque, resta il mare. Federbalneari benedice l’introduzione del Green pass e prevede che i flussi turistici «terranno molto bene anche in agosto». La previsione degli arrivi, per tutto il mese, è di 39 milioni: il 12% e 20 milioni di presenze in più rispetto al 2020. L’occupazione degli hotel è all’80%. La ricerca del Centro Studi mostra che il mare viene scelto anche per agosto dal 70% degli italiani, con una durata media della vacanza di 7 giorni per oltre il 50% degli italiani. «Ancora una volta per il mercato interno la spiaggia è il baricentro di un flusso turistico che accede all’alberghiero ed all’extra alberghiero dice Marco Maurelli, presidente di Federbalneari Italia il turismo balneare si conferma come la prevalente attrattiva ed i servizi turistici connessi sono perfettamente integrati». Entrando nel dettaglio, nel Lazio è stato complessivamente buono il mese di luglio, con un incremento medio di presenze del 6% e concentrazione massima nei fine settimana e festivi. Boom di prenotazioni in Sardegna: per il mese di luglio si attesta ad un + 27% rispetto al 2020 e conferma anche in agosto con + 31%, con alcune mete sold out. Decisamente buona la situazione anche in Veneto, dove il turismo costiero si conferma tra le principali attrattive con un segno positivo sul 2020 che si attesta per luglio a + 38% e con un trend sempre positivo per il mese di agosto in forte crescita, e in Calabria con luglio in linea con il 2020 ma con previsioni di circa il 39% in più di domanda per agosto. Al top c’è la Liguria, con un tasso di occupazione delle strutture ricettive, nel primo week end di agosto, del 94,2%, ben superiore alla media nazionale, comunque molto positiva, dell’83,1%. Insomma il turismo pare lasciarsi alle spalle lo scorso anno e avviarsi al recupero. Sempre secondo i dati di Assoturismo nel trimestre giugno-agosto 2020, le presenze nelle strutture ricettive si erano fermate a 148,5 milioni, con 65 milioni in meno rispetto al 2019, e con un calo del -30,4%. Un crollo dipeso dalla mancata presenza straniera, con un calo avvertito soprattutto dal settore alberghiero (-70%). Il crollo della domanda turistica, lo scorso anno, era stato avvertito in tutte le aree del Paese, specialmente dagli imprenditori del Nord Ovest (-34,2%) e del Nord Est (-34,4%). Valori meno negativi per le regioni del Centro Italia (-31%) e per le aree del Sud e delle Isole, dove il calo è stato del -20,4%. Oltre all’andamento negativo della domanda turistica, il settore aveva fatto registrare anche un crollo del fatturato: rispetto al 2019 c’era stata una flessione del 37,5%. Numeri che sembrano ormai lontani».

Per Carlo Cambi della Verità il Green pass è già un “flagello”. Uno si aspetterebbe dati diversi dal Messaggero, ma poi non sembrano così puntuali e attendibili.

«Agroalimentare, turismo e cultura, a occhio sui 400 miliardi di fatturato, sono sulla soglia di una nuova crisi da green pass. L’allarme lo ha dato due giorni fa Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia: «I ristoranti stanno perdendo il 25% delle presenze». Una stima che secondo Aldo Cursano, vicepresidente di Fipe, è ottimistica. «Stiamo perdendo oltre il 50% dell’incasso, nelle città d’arte siamo al 70% in meno, e c’è un fenomeno molto preoccupante: chi ha il green pass, visto il caldo, vuole accomodarsi nei dehors, dove però stanno anche i non vaccinati, visto che è l’unico spazio a loro consentito. Ma chi è immunizzato preferisce andarsene; qui si rischia la segregazione. I pochi turisti stranieri, peraltro, sono infastiditi dai controlli e non entrano». Si resta in attesa di una circolare che né il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, troppo impegnato a contare i clandestini che sbarcano, né il ministro della Salute, Roberto Speranza, indaffarato a contare i green pass (e duramente contestato, come riferisce Ilgiornale.it, ieri in Toscana), chiarisca se ristoratori, baristi, musei vari sono tenuti o meno a chiedere i documenti a chi presenta il salvacondotto. Gli operatori non vogliono farlo, anche i presidi si rifiutano (e per i controlli chiedono 8.000 assunzioni), il governo dice che devono, ma non sta scritto da nessuna parte. E il caos aumenta. Così ieri Luigi Scordamaglia è tornato a farsi sentire: «Rischiamo lo stop alla produzione nell’agroalimentare se non si regolamenta per legge l’introduzione del green pass sui luoghi di lavoro con gradualità e con un accordo con le parti sociali; non si può affidare questa delicatissima materia alle singole aziende. Non possiamo rischiare di aggravare la carenza di manodopera: una repentina imposizione del green pass causerebbe un’interruzione della produzione». La filiera agroalimentare già sconta, fa osservare Giorgio Mercuri, presidente di Alleanza cooperative, un altro gap: «Aumenti fino al 30% dei costi di produzione a causa dell’incremento dei prezzi delle materie prime rischiano di mandarci fuori mercato». Grazie al Green pass ci stiamo giocando 140 miliardi di fatturato. Che fa il paio con il caos turistico tra trasporti, musei e parchi a tema in difficoltà, al netto del fatto che si continua a perseguire le discoteche anche se si balla ovunque».

Repubblica dedica l’apertura del giornale, e il titolo principale in prima pagina, ad un’intervista a Maurizio Landini, leader della Cgil. Che cosa sostiene Landini? Che una mensa aziendale è diversa da un ristorante e che non ci vuole l’obbligo di Green pass sui luoghi di lavoro.

«Sia chiaro, il sindacato sta invitando tutti i lavoratori a vaccinarsi e non abbiamo nulla di principio contro il Green pass, ma in nome di ciò non è accettabile introdurre una logica punitiva e sanzionatoria nei confronti di chi lavora ». Maurizio Landini, segretario generale della Cgil ce l’ha con le multe previste per il personale scolastico che si presenti al lavoro privo di Green Pass e anche con la norma dell’ultimo decreto del governo che finisce per trattare le mense aziendali allo stesso modo dei ristoranti. «Mi domando – aggiunge – se chi ha deciso questa regola sia stato negli ultimi tempi dentro una mensa aziendale. Beh, dovrebbe andarci». Perché lo dice? «Perché dopo i protocolli sulla sicurezza che abbiamo sottoscritto attraverso il distanziamento, l’uso delle mascherine, la sanificazione, lo smart working e diversi turni di lavoro, i luoghi di lavoro sono sicuri. Nessuno può sostenere che gli uffici o le fabbriche costituiscano oggi potenziali focolai per la diffusione del virus. Non deve passare il messaggio sbagliato che i vaccini ed il Green Pass, pur fondamentali, da soli siano sufficienti a sconfiggere il virus. Non è così, purtroppo ». Nessuno ha proposto o sta proponendo di abbassare la guardia. «Il rischio che vedo è quello. Guardi il caso delle mense aziendali: il governo dice di volerle regolare al pari delle attività di ristorazione. Ma le mense aziendali hanno i turni, il plexiglass, la sanificazione periodica. Non sono un ristorante ma un servizio per chi lavora. Se il governo pensa che il vaccino debba essere obbligatorio, lo dica e approvi una legge. Abbiano il coraggio di farlo! Non si può pensare di raggiungere il medesimo obiettivo in maniera surrettizia, a danno di chi lavora. È una forzatura controproducente rispetto all’obiettivo di realizzare la vaccinazione per tutti».

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