Il Comitato tecnico scientifico sta mettendo a punto la sua relazione per il Governo. Nei prossimi giorni ci sarà il Decreto su green pass e colori. Ecco la cronaca di Sarzanini e Guerzoni per il Corriere.
«Rilasciare il green pass soltanto dopo il completamento del ciclo vaccinale e potenziare la campagna – soprattutto per gli over 60 – anche identificando attraverso il sistema sanitario nazionale chi non ha ancora ricevuto l’immunizzazione. Sono questi i punti strategici del documento che il Comitato tecnico-scientifico consegnerà al governo nelle prossime ore, in vista dell’approvazione del decreto che renderà obbligatoria la certificazione verde per accedere in tutti i luoghi a rischio assembramento. Il verbale messo a punto dopo la riunione di venerdì scorso, che ha esaminato il monitoraggio settimanale, contiene «l’allerta per l’evidente incremento dei casi dovuti alla variante Delta, connotata da maggior contagiosità e capacità d’indurre manifestazioni anche gravi o fatali in soggetti non vaccinati o che hanno ricevuto una sola dose di vaccino» e suggerisce tutte le possibili soluzioni proprio per fermare la risalita della curva epidemiologica. Inserendo tra le priorità «il tracciamento di tutti i casi e il loro sequenziamento» proprio per isolare i positivi e rintracciare i contatti. Un allarme confermato dal bollettino di ieri che registra 3.127 nuovi casi, 3 decessi e un tasso di positività all’1,9%, con un aumento percentuale di 0,6 rispetto al giorno precedente. La cabina di regia del governo che si riunirà entro mercoledì servirà a stilare la lista dei luoghi dove il green pass diventerà obbligatorio. E sembra ormai scontato che oltre a stadi, palestre, eventi, concerti, luoghi dello spettacolo, tren ni, aerei e navi, l’elenco includerà anche le discoteche con capienza al 50% e i ristoranti al chiuso. Il Cts ha ribadito l’indicazione del 2 luglio: «La certificazione verde va rilasciata solo dopo il quattordicesimo giorno dal completamento del ciclo vaccinale, un test diagnostico o la guarigione infrasemestrale». Gli scienziati prendono a modello quanto accaduto in Spagna, dove la variante si è manifestata «con alcune settimane di anticipo rispetto all’Italia» e ha causato «una significativa ripresa dei ricoveri in terapia intensiva», che il 15 luglio faceva contare ben 798 posti letto occupati. Sottolineano che «la variante Delta – destinata, a breve tempo, a divenire dominante in Italia – è in grado di indurre una sintomatologia grave, con significativi indici di ospedalizzazione e anche di letalità, nei soggetti che hanno più di 60 anni non vaccinati ed anche, sia pure in misura in parte minore, in quelli che hanno ricevuto una sola dose di vaccino». E per questo evidenziano come nell’ultimo mese il numero di over 60 non vaccinati è diminuito di appena 300 mila, passando da 2 milioni e 800 mila persone a 2 milioni e 500 mila persone. Vaccinare il maggior numero di cittadini diventa dunque prioritario e indispensabile e farlo per chi ha più di 60 anni e per chi mostra fragilità. (…)Il governo accoglierà la richiesta delle Regioni e modificherà i parametri per le fasce di rischio in modo da tenere in maggior conto il numero di ricoverati in area medica e terapia intensiva. E dunque ci si muoverà su un doppio binario: lasciare il più possibile l’Italia in bianco, ma tenere sotto controllo il virus con l’obbligo di green pass in tutti i luoghi dove si entra in contatto con estranei. I nuovi indicatori saranno inseriti in un decreto che prevederà sanzioni per chi entra senza certificazione dove è previsto e che prorogherà lo stato di emergenza di almeno tre mesi».
Matteo Bassetti, infettivologo del San Martino di Genova, crede nell’efficacia del green pass. Ecco che cosa dice al Quotidiano Nazionale.
«Basta parlare all’infinito di restrizioni, dobbiamo convivere con questa malattia e pertanto, invece di terrorizzare la gente pensando a un ritorno delle zone gialle in conseguenza dell’aumento dei contagi, togliamo piuttosto le ultime limitazioni a chi ha il Green pass – è la ricetta di Matteo Bassetti, direttore dell’Infettivologia del Policlinico San Martino di Genova, per gestire questa fase ormai cronica della pandemia -. Diamo ai vaccinati, ai guariti e a chi ha un tampone negativo la possibilità di partecipare ai grandi eventi all’aperto, archiviando così i limiti di capienza; di togliere del tutto la mascherina, salvo in alcune circostanze come nei trasporti pubblici affollati; di andare in discoteca e, in prospettiva per l’autunno, di accedere ai ristoranti al chiuso». Professore, gli inglesi indicano la via per tornare alla vita normale? «Il ritorno alla quotidianità antecedente al Covid in verità si avrà solo quando avremo il 100% degli italiani over 12 vaccinati o almeno i 2/3 di loro. Adesso siamo ancora attorno al 60% di cittadini con almeno la prima somministrazione. Io capisco e condivido la scelta di Londra, che ci fa comprendere come non dobbiamo più fissarci sull’incremento dei positivi quanto piuttosto tenere d’occhio l’eventuale aumento dei ricoveri e dei decessi che da quelle parti, come da noi poi, non si sta verificando. Tuttavia al momento, nell’ottica di un progressivo ritorno alla normalità, dobbiamo basarci sul Green pass». Per i vaccinati possiamo già togliere le ultime restrizioni? «Assolutamente sì. Considerando quelli con una prima dose e chi ha sviluppato gli anticorpi, perché guarito dal Covid-19, arriviamo al 67%. Siamo oltre i 2/3 degli over 12». La carta verde come premio, insomma. «In un certo senso sì, ma il via alle restrizioni per i detentori del Green pass in questa fase è funzionale soprattutto, da un lato, a rilanciare una campagna d’immunizzazione che è ferma, facciamo solo seconde dosi ormai, dall’altro, a riportare alle capienze abituali cinema, teatri e stadi». Non ravvisa il pericolo di favorire i contagi, togliendo del tutto le limitazioni anche a chi ha ricevuto solo la prima iniezione? «Una parziale immunizzazione protegge già all’80% dal rischio di ospedalizzazione. E in più la carica virale è davvero bassa. Se anche avremo più persone col raffreddore o poco più, come abbiamo avuto in passato con l’influenza, non è che dobbiamo chiudere il Paese». In caso di focolai, anche chi è vaccinato deve andare in quarantena. Che cosa ne pensa? «È un’assurdità, gli statunitensi almeno da quattro mesi hanno abolito l’isolamento per chi è protetto dal virus». A proposito di vaccinazioni, dopo gli operatori sanitari, è tempo di obbligare anche i docenti del mondo della scuola? «Se non ora quando, mi verrebbe da dire. Siamo a luglio e, sempre che non vogliamo rimettere in Dad gli studenti a settembre, così da garantirgli un altro anno all’insegna del mancato insegnamento, bisogna prevedere adesso una legge che prescriva il dovere d’immunizzarsi in capo agli insegnanti. E non solo». A chi sta pensando? «Agli studenti dai 12 anni in sù, la profilassi funziona. Non perdiamo altro tempo, se non vogliamo ripetere la situazione dello scorso anno con l’aggravante che adesso le armi per difenderci dall’infezione ci sono». Nella Versione della Sera di ieri pomeriggio, avevamo scritto dei dodici super influencer No Vax di cui parlava Il Guardian. Oggi ne scrive Repubblica.
«Una “sporca dozzina” di “influencer” è responsabile del 65 per cento della disinformazione sui vaccini in lingua inglese condivisa sui social. Lo dice il dossier pubblicato a marzo dal Center for Countering Digital Hate, drammaticamente tornato attuale nell’America dove la campagna vaccinale ormai stenta – le dosi non mancano, ma si è riusciti a immunizzare totalmente solo il 49 per cento della popolazione – e la variante Delta fa schizzare del 400 per cento i positivi negli Stati più scettici. E infatti si torna a puntare il dito sui propagatori di fake news. I 12, certo. Insieme ai social che non li silenziano: permettendogli di raggiungere, sfruttando i labirinti della rete, ben 58 milioni di utenti. Complice pure un giro d’affari che vale un miliardo l’anno: fra quanto le piattaforme guadagnano grazie a chi vuol farsi pubblicità fra quel pubblico e quanto spendono gli stessi No Vax per avere più visibilità. Tanto che Joe Biden li ha accusati di complicità: «La disinformazione da voi diffusa uccide». Concetto ribadito pure dal virologo Anthony Fauci: «Se anni fa fossero circolate le false informazioni di oggi, avremmo ancora vaiolo e poliomielite ». Il volto più noto dei dodici è Robert F. Kennedy Jr, nipote dell’ex presidente Jfk, assassinato nel 1963. Il cognome gli ha prima permesso d’imporsi come autorevole ambientalista, poi di pubblicare con successo il libro Thimerosal: Let the Science Speak dove espone la tesi ampiamente contestata dagli studiosi secondo cui nei vaccini c’è un composto mercuriale, il thimerosal, capace di alterare lo sviluppo neurologico dei minori provocando l’autismo. Attivissimo, col Covid ha estremizzato le sue posizioni, diffondendo assurdità su 5G e Bill Gates. C’è poi il guru della medicina alternativa Joseph Mercola, autore di bestseller venduti anche in Italia, a capo di un giro d’affari da 100 milioni di dollari basato sulla vendita di integratori alimentari spacciati ora pure come cura anti-Covid. La Food and Drug Administration gli ha intimato d’interromperne la pubblicità: ma lui non si ferma, anzi, è il più generoso donatore delle organizzazioni No Vax. Come pure i Bollinger, Ty e la moglie Charlene: ex istruttori di body building, hanno messo in piedi un impero vendendo preparati anti- cancro, spacciati come alternativa alla chemioterapia. E ora sostengono di avere pure una cura per il Covid. Impegnati politicamente, finanziano Donald Trump e i cospirazionisti di QAnon. Molti dei No Vax più influenti sono osteopati e naturopati: a partire dalla veterana Sherri Tenpenny, nemica dei vaccini fin dal 1986. Rashid Butter è invece un sostenitore della “terapia chelante”, a base di composti capaci di legarsi a metalli pesanti, spacciata come cura universale. Erin Elizabeth (fra le poche bannate da Facebook) ha sparso il falso mito dell’infertilità provocata dal siero. Sayer Ji è il fondatore di un portale di medicina alternativa. Christiane Nortrup sostiene che fare pilates permette di non ammalarsi. Ben Tapper è un chiropratico. E Judy Mikovits è la screditata autrice di uno studio sulla fatica cronica, protagonista del video virale Pandemic, dove sostiene la tesi del virus scatenato per profitto. A prendere di mira la comunità afroamericana ci pensa invece Rizza Islam, esponente di quella Nation of Islam di cui fecero brevemente parte pure Malcom X e Mohammed Alì, oggi considerata “organizzazione di odio” per i pregiudizi razziali teorizzati. Secondo Rizza (e un altro influencer Kevin Jenkins) il vaccino diffonde l’autismo fra i neri. Ciarlatani, avventurieri, imprenditori dell’ignoranza, affamati di denaro. Eccola la “sporca dozzina” che si cela dietro le paure di molti».
Massimiliano Panarari sulla Stampa sottolinea l’attrazione della nostra Destra proprio per i No Vax. Un flirt pericoloso che ha spinto Giorgia Meloni a cancellare un suo post a favore della scientificità dei vaccini.
«Uno spettro si aggira per l’Italia. Sarebbe, a detta di Matteo Salvini, quello della «siringa» o del «tampone», che non vuole vedere «all’inseguimento» del figlio diciottenne. E infatti lui, uno dei politici più inclini a documentare comunicativamente ogni momento dell’esistenza a fini di campagna elettorale, non ha ancora fatto sapere la data della sua inoculazione, finendo più volte in contraddizione. Giorgia Meloni ha fatto ricorso all’incredibile argomentazione propagandistica del «liberalismo no vax» quale sedicente rispetto dei diritti umani. E, per restare dalle parti di Fratelli d’Italia, il suo capogruppo alla Camera Francesco Lollobrigida (il quale, pure, ha ricevuto la dose di Johnson, e aveva contratto in passato il Covid-19) si è pronunciato contro la vaccinazione degli under 40. E se ritorniamo nei prati (un tempo di Pontida) della Lega ecco Claudio Borghi apparire come il prototipo della sostituzione dell’issue no euro con quella no vax (anche se la prima non è affatto scomparsa). Il fuoco di fila di queste giornate conferma il fascino indiscreto dell’antivaccinismo a destra. E, dopo i conflitti della settimana passata (dalla Rai ai veti reciproci per le amministrative), evidenzia come la durissima competizione tra Meloni e Salvini si sia estesa anche a questo terreno di consenso. Va detto, a proposito delle paure evocate da Salvini, che il vero fantasma – questo, invece, molto concreto – è quello dell’arcipelago no-vax, che costituisce un grosso problema per la salute pubblica e un ostacolo serio sul piano della stabilizzazione della situazione sanitaria, come testimoniano i dati sulla ripresa dei contagi».