Era diventato l’incubo del ministero della Giustizia. Compirà 24 anni alla fine del mese l’hacker siciliano arrestato dalla Polizia Postale al termine di indagini durate diversi anni e coordinate dalla Procura di Napoli. Le sue incursioni nei server, sfruttando un account di amministratore e senza lasciare tracce, a un certo punto hanno spinto gli inquirenti a un ritorno indietro nel tempo, per quanto riguarda le modalità d’indagine, a usare la carta e le riunioni in presenza, costringendoli a rinunciare a email, chat e video call, per evitare di essere, loro, “intercettati”.
La paziente e sofisticata inchiesta dei magistrati del pool reati informatici di Napoli ha coinvolto diversi uffici inquirenti, da Nord a Sud, che si sono interfacciati attraverso il supporto della Direzione nazionale antimafia. Il giovane, originario di Sciacca (Agrigento), residente a Gela (Caltanissetta) e domiciliato a Roma, è impiegato come programmatore: è stato bloccato ieri pomeriggio, poco prima che scattassero una serie di perquisizioni grazie alle quali sono stati trovati, decriptati e sequestrati diversi terabyte di dati, in parte coperti da segreto investigativo, dislocati anche su server posizionati all’estero. Non solo: estromettendo gli amministratori ha drenato da portafogli virtuali esteri ingenti guadagni della vendita di beni e servizi illeciti: milioni di euro, tre per la precisione, in bitcoin, sequestrati presso exchange in tutto il mondo.
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