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venerdì 25 Aprile 2025 - 01:29
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I limiti della tregua

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Trump-Putin finisce con una promessa limitata. Mentre l’Europa si prepara alla guerra. Nuovo attacco a Gaza: vittime civili. Meloni in Senato spiega il ReArm con tre distinguo. Oggi alla Camera

La telefonata di due ore e mezza fra Donald Trump e Vladimir Putin non ha avuto l’effetto palingenetico sperato. Certo si è aperto uno spiraglio con una tregua che sarebbe stata promessa dai russi ma solo su obiettivi ucraini di fonti energetiche. Gli americani ci hanno aggiunto anche le infrastrutture, nel silenzio di Mosca. Già stamattina sia ucraini che russi hanno denunciato attacchi militari della controparte. Domenica comunque a Gedda, in Arabia Saudita, riprenderanno i colloqui fra americani ed ucraini, nel tentativo di arrivare ad una soluzione pacifica. Ovviamente da Kiev si teme molto un accordo che non tenga conto della sicurezza dell’Ucraina, come scrive oggi Lorenzo Cremonesi sul Corriere. A Putin interessa rientrare nel gioco, sostiene Domenico Quirico sulla Stampa, che fa dire ai russi: “Ecco vedete, dopo trentacinque anni parlano di nuovo con noi alla pari e non come comunisti spretati. Missione compiuta”.

In Senato Giorgia Meloni è stata misurata, attenta a distinguere, realista. Anche nelle repliche meno sprezzante del solito. Ha cercato di far accettare il sì italiano al ReArm Eu (nome sbagliato ha detto perché “roboante”) in modo pragmatico, anche perché deve fare i conti con la sua maggioranza. Anzitutto rifiutando la retorica di Bruxelles, poi dicendo che è una follia rompere il rapporto con gli Usa e infine chiarendo che non si sottraggono “risorse” alle altre spese, welfare compreso. Oggi si replica alla Camera, dove parlerà Elly Schlein (che ha portato tutto il Pd faticosamente sul no al riarmo, dopo le divisioni a Strasburgo).

Allo stesso tempo la nostra premier si è esposta a delle contraddizioni. Perché invece il resto dei leader europei corrono verso un riarmo, senza tanti distinguo, nella convinzione, ripetuta all’infinito, che la Russia sta per aggredire l’Europa. E questo clima troverà al Consiglio europeo. Ursula von der Leyen ha scelto la Royal Danish Military Academy per ribadire che “l’Europa deve prepararsi alla guerra”. Emmanuel Macron fra le divise e gli aerei militari di una base in Borgogna ha detto ieri: “Il nostro Paese e il nostro continente devono continuare a difendersi, equipaggiarsi e prepararsi se vogliamo evitare la guerra. Questa è la scelta che abbiamo fatto e continueremo a fare”.

Soprattutto fa un certo effetto quello che è accaduto in Germania, dove un Parlamento, che non rispetta più la volontà degli elettori, ha deciso di modificare la Costituzione per mettere in piedi un maxi piano di riarmo di centinaia di miliardi, sotto la guida del Cancelliere in pectore Friedrich Merz. L’Europa ancora una volta è al traino della locomotiva tedesca, lanciata però verso la riconversione dell’industria dell’automobile in industria militare.

Ad una tregua limitata di Mosca fa eco una tregua infranta in Medio Oriente, dove Israele è tornata a bombardare Gaza. Con proporzioni spaventose, se è vero che in poche ore sono morti lo stesso numero di civili di un anno in Ucraina. Il racconto di Gabriel Romanelli, il parroco cattolico della Striscia, ospitato stamane da Avvenire, spezza il cuore: «Siamo terrorizzati. Neanche vogliamo pensare che la guerra possa ricominciare. La nostra principale fonte di consolazione è la vicinanza di Francesco. È stato bello sentirlo perfino dall’ospedale Gemelli. La gente lo considera un amico: prega ogni giorno per il suo pieno recupero fisico».

A proposito di Papa, dopo la bellissima lettera al Corriere (“Disarmo, disarmo, disarmo”), Francesco ha ricevuto altri attestati di affetto e di sostegno. Ha dormito senza l’aiuto dell’ossigeno e tutti sperano che il lento miglioramento lo riporti presto in Vaticano.

Oggi è San Giuseppe. Dunque auguri a tutti i papà e un pensiero al protettore silenzioso di un Gesù ancora bambino, ben descritto oggi da Matteo Liut su Avvenire. Laicamente Massimo Recalcati, nei suoi lavori, porta ad esempio il falegname Giuseppe come l’archetipo del padre giusto, perché “adottivo”. Adottivo nel senso di rispettare l’altro, di non pretendere di dire al figlio chi deve essere.

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