A tre giorni dall’inizio, le Olimpiadi sono in piena crisi. Se ne vanno gli sponsor. Su Repubblica Emanuela Audisio racconta la vigilia dei Giochi di Tokyo.
«Hanno spento il motore, tolto le chiavi, cancellato le immagini. Hanno per così dire divorziato dai Giochi, pur essendo lo sponsor più importante. Sono i primi obiettori di coscienza olimpici, a tre giorni dalla cerimonia inaugurale. La Toyota, casa automobilistica giapponese, non manderà più in onda gli spot televisivi registrati con gli atleti per Tokyo 2020. Non vuole lo scontro frontale con il suo popolo, né che i consumatori associno il suo nome all’Olimpiade. I Cinque Cerchi sono un tatuaggio da rimuovere. “Ci sono molti problemi con questi Giochi che si stanno rivelando difficili da comprendere”. Il 68% dei giapponesi è ostile alla manifestazione, e crede che il governo non sappia fronteggiare la nuova ondata del virus che trova nei Cinque Cerchi un veloce mezzo di contaminazione. Così Jun Nagata, capo della comunicazione Toyota, ha detto: niente spot e niente pubblicità. Questo nonostante circa 200 atleti in gara tra Olimpiadi e Paralimpiadi siano affiliati a Toyota, tra cui il nuotatore Takeshi Kawamoto e il giocatore di softball Miu Goto. “Però sosterremo pienamente gli atleti e contribuiremo ai Giochi fornendo veicoli e altri mezzi”. Resta il finanziamento, la Toyota Motor ha firmato nel 2015 con il Cio un accordo di otto anni del valore di quasi 1 miliardo di dollari, ma davanti al pubblico meglio non ostentare quello che è diventato un disonore. E tanto per togliere ogni dubbio l’amministratore delegato Akio Toyoda, nipote del fondatore dell’azienda, non sarà alla cerimonia di apertura. Sono Giochi caldi, meglio non scottarsi. E ora anche 60 grandi aziende giapponesi che hanno pagato più di 330 miliardi di yen di trovano davanti al dilemma: prendere le distanze da Tokyo 2020 o restare associati a dei Giochi che pochi vogliono? È un dubbio che non ha Maya Yoshida, 32enne, capitano della nazionale olimpica giapponese e difensore della Sampdoria. “Credo che tanti soldi delle nostre tasse siano serviti a finanziare questa Olimpiade, ma nonostante questo le persone non potranno seguirle dal vivo. Allora mi chiedo a che cosa servano questi Giochi, perché è chiaro che noi atleti vorremmo giocare e gareggiare davanti ai tifosi. Le nostre famiglie si sono sacrificate e hanno dovuto sopportare tante cose, ma adesso qui i nostri cari non sono ammessi e se nemmeno loro possono assistere alle partite rimane la domanda: a cosa serve tutto questo? Spero davvero che certe decisioni vengano riconsiderate”. È una situazione schizofrenica: Giochi chiusi al pubblico, ma Giappone aperto all’altro sport. Finora la J-League del calcio e il campionato di baseball si sono svolti a porte aperte, seppur con un numero limitato di spettatori. Che c’erano anche a Nagoya al torneo Gran Sumo dove il vecchio campione Hakuho, 36 anni, ha vinto il suo 45esimo titolo e battuto il giovane rivale Terunofuji. Anche i cittadini automobilisti di Tokyo sono arrabbiati, prima della pandemia era stato deciso che nel periodo olimpico la tariffa per l’ingresso nelle tangenziali sarebbe aumentato e ora che il traffico olimpico di turisti non c’è, nessuno ha pensato di riabbassare il prezzo. Dovevano essere Giochi friendly, amichevoli, invece sono divisivi e pieni di ostilità. I sondaggi continuano a dire che la popolazione non li vuole e che per il partito del premier Yoshihide Suga, sceso nel gradimento mai così in basso (35.9%), saranno una catastrofe, considerando anche in autunno si vota e che in tanto chiedono il siluramento di molti ministri. Per polemiche legate al bullismo è stato costretto a dare le dimissioni il musicista Keigo Oyamada, in arte Cornelius, responsabile della colonna sonora della cerimonia inaugurale perché a scuola da ragazzo ha costretto un disabile a mangiare le proprie feci. Falliti anche i tentativi diplomatici: il presidente sudcoreano Moon Jae-in non verrà a Tokyo per il summit (segreto) con Suga perché un diplomatico giapponese ha definito il suo tentativo di accordo “una masturbazione”. Mentre la vicepresidente della Commissione europea, Margaritis Schinas e il premier sloveno, Janez Jansa chiedono al presidente Bach che la loro delegazione sfili con la bandiera dell’Unione europea. Non bastassero le inquietudini politiche e il Covid ci si sono messe anche le ostriche, ospiti indesiderati della Sea Forest Waterway, sede delle gare di canoa e di canottaggio. Rimuovere i molluschi è costato 1,28 milioni di dollari in riparazioni ai danni che avevano creato attaccandosi ai galleggianti frangiflutti. 14 tonnellate di ostriche: non era meglio mangiarle?