In questi giorni è stato approvato il primo vaccino monodose di Johnson&Johnson. Dietro lo sviluppo di questo vaccino c’è tanta tecnologia, ora proviamo a capire come funziona. Il nuovo vaccino può essere identificato con diverse sigle: Ad26.COV2.S, JNJ-78436735 e VAC31518. Tutte indicano il prodotto in questione, ma la prima, quella più utilizzata dà effettivamente l’idea di quello che è questo vaccino: un vaccino a vettore virale, le cui prime sigle indicano come questo sia l’adenovirus 26. Gli adenovirus sono una categoria di virus che nell’uomo è stata riscontrata in circa una sessantina di stereotipi, a loro volta suddivisi in sette sottogruppi a seconda di alcune caratteristiche fisico-chimiche. Sono virus responsabili di una gamma di patologie, la maggior parte assolutamente gestibili. Questi virus, è stato scoperto, che possono essere sfruttati anche per fungere da trasportatori di materiale genetico di qualsiasi genere all’interno di cellule bersaglio. Grazie allo sviluppo di questa tecnologia AdVac, Janssen è riuscita a realizzare in laboratorio alcune tipologie di adenovirus sintetici capaci di trasportare DNA nel torrente circolatorio, entrare nelle cellule, penetrare nel nucleo delle cellule ed integrare l’informazione genetica all’interno dello stesso. Una volta fatto questo, il nucleo potrà trascrivere le informazioni e dare vita all’mRNA alla base della sintesi delle proteine “Target”, in questo caso rappresentante della famosa proteina Spike (proteina S). La proteina S, una volta sintetizzata, si espone sulla superficie esterna della membrana cellulare, dando così vita a tutta la catena responsabile dello sviluppo dell’immunità. L’adenovirus 26 che sta alla base del vaccino, non è in grado in alcun modo di replicarsi in maniera autonoma. Funge solo da veicolo per l’informazione genetica e una volta entrato all’interno delle cellule viene degradato. Il vaccino deve essere conservato tra i 2 e gli 8 gradi. È bene sottolineare che il vaccino abbia dimostrato un’efficacia di prim’ordine.