La vittoria di Marine Le Pen in Francia, l’inizio della presidenza ungherese dell’Ue, la prospettiva di un gruppo dei Patrioti che, all’Eurocamera, venderà cara la pelle. Il lunedì nero degli europeisti fa da apripista a giorni di profonda incertezza per le istituzioni comunitarie. Da qui alla Plenaria di metà luglio i nuovi assetti sono tutt’altro che blindati e l’effetto domino di una potenziale vittoria del Rassemblement National ai ballottaggi del 7 luglio potrebbe rendere assai più difficoltosa la strada di Ursula von der Leyen per un bis alla Commissione.
La presidente uscente ha sin dall’inizio ben chiaro un punto: la sua conferma, più che al Consiglio europeo, ha nell’Eurocamera il principale ostacolo. Solo con un appoggio esterno la trappola dei franchi tiratori può essere evitata con una certa tranquillità. Il tema, per von der Leyen, è che la coperta dei negoziati con le delegazioni esterne alla maggioranza Ppe-Socialisti-Renew rischia di essere comunque troppo corta. E Ursula ha cominciato a muoversi, ricevendo a Palazzo Berlaymont il co-presidente dei Verdi, Bas Eickhout. Il messaggio del gruppo dei Greens, rispetto a qualche giorno fa, non è però cambiato. “Abbiamo discusso molto costruttivamente della possibilità di una maggioranza stabile e democratica ma abbiamo chiarito che non saremo parte di una maggioranza che negozia o fa affidamento con l’estrema destra, Ecr inclusa”, ha scandito Eickhout. E la sua linea rossa – alla luce della posizione di Giorgia Meloni al Consiglio europeo dei top jobs e dell’ulteriore indebolimento dell’asse franco-tedesco dopo il voto Oltralpe – assume certamente una maggiore corposità rendendo rischioso, per von der Leyen, anche il solo incontrare i Conservatori.