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LETTERA DEL PAPA AD UN GESUITA CHE SEGUE LGBT

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Il Papa ha scritto una lettera di sostegno ad un gesuita statunitense che si occupa di accompagnare le persone LGBT. Luigi Accattoli per il Corriere.

«Nuova mossa del Papa verso le persone omosessuali: stavolta a sostegno di un gesuita statunitense, James Martin, che è sotto attacco da parte della destra cattolica per la sua posizione di «accompagnamento» comprensivo di lesbiche, gay, bisessuali e transessuali (Lgbt). La mossa è interpretabile come una correzione di immagine, più che di linea, dopo la pubblicazione della «nota» della Segreteria di Stato al governo italiano sul disegno di legge Zan e soprattutto dopo la dichiarazione della Congregazione per la Dottrina della Fede che il marzo scorso definiva inaccettabile la «benedizione» in chiesa delle coppie omosessuali. «Dio si avvicina con amore a ognuno dei suoi figli, a tutti e a ognuno di loro. Il suo cuore è aperto a tutti e a ciascuno. Lui è Padre»: così scrive Francesco in una breve lettera autografa in spagnolo, inviata a James Martin in occasione del webinar «Outreach 2021» che si è tenuto sabato scorso, un incontro di persone di ambienti cattolici statunitensi che si occupano delle persone Lgbt. È stato Martin a pubblicare oggi la lettera su Twitter, dopo che ieri l’aveva letta nell’incontro. «Lo “stile” di Dio – scrive ancora il Papa – ha tre tratti: vicinanza, compassione e tenerezza. Questo è il modo in cui si avvicina a ciascuno di noi. Pensando al tuo lavoro pastorale, vedo che cerchi continuamente di imitare questo stile di Dio. Tu sei un sacerdote per tutti e tutte, come Dio è Padre di tutti e tutte. Prego per te affinché tu possa continuare in questo modo, essendo vicino, compassionevole e con molta tenerezza». Francesco ringrazia infine padre Martin per il suo «zelo pastorale» e per la «capacità di essere vicino alle persone con quella vicinanza che aveva Gesù e che riflette la vicinanza di Dio. Prego per i tuoi fedeli, i tuoi “parrocchiani”, tutti coloro che il Signore ha posto accanto a te perché tu ti prenda cura di loro, li protegga e li faccia crescere nell’amore di nostro Signore Gesù Cristo». Padre Martin, 60 anni, è collaboratore della rivista America dei gesuiti statunitensi e consultore del Dicastero vaticano per la comunicazione. Il Papa l’aveva ricevuto in udienza privata il 30 settembre 2019. Presentando la lettera di Francesco nell’incontro di ieri, Martin ha raccontato d’aver scritto al Papa un messaggio personale nel quale l’informava che un suo nipote aveva preso il nome di Francesco alla cresima e gli ricordava l’appuntamento dell’altro ieri, per il quale in precedenza (l’incontro era programmato per il 2020, poi rinviato per il Covid) gli aveva chiesto l’invio di un messaggio di incoraggiamento. Dal Vaticano vengono dunque interventi severi, dottrinali e diplomatici, sulla frontiera omosessuale, posti – con l’approvazione del Papa – da organismi curiali di primaria importanza. Ma vengono anche parole e gesti «comprensivi» da parte di Francesco. La combinazione di questi due segnali sta a indicare la ricerca di una linea di compromesso: incoraggiare chi promuove un nuovo atteggiamento senza però tradurlo in nuove direttive formali. La via che sta percorrendo Bergoglio su questo spinoso argomento è stretta e piena di difficoltà».

Fabrizio d’Esposito per il Fatto scrive la sua rubrica del lunedì’, sempre interessante, sulla “manina” che avrebbe offerto al Corriere della Sera lo “scoop” sulla Nota verbale a proposito del Ddl Zan. Nota che doveva rimanere riservata, com’era accaduto altre volte. Il luogo della fuga di notizie sembra accertato: Padova. Con due sospettati, entrambi veneti.

«Sostiene il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato cioè premier del Vaticano, in un’intervista ai media della Santa Sede: “Si trattava di un documento interno, scambiato tra amministrazioni governative per via diplomatica e non certo per essere pubblicato”. Insomma, nessuno scandalo a detta di Parolin, perché è una prassi comunque prevista dal Concordato tra Stato e Chiesa. È accaduto per esempio già nel 1970 ai tempi della legge sul divorzio, come ha ricordato uno dei figli di Giulio Andreotti, Stefano: “Mio padre lo scrisse nei diari”. Parliamo, ovviamente, della Nota verbale trasmessa dall’arcivescovo Paul Richard Gallagher, “ministro” vaticano per i Rapporti con gli Stati, con le osservazioni sul ddl Zan, la legge anti-omofobia che prende il nome da un deputato del Pd, Alessandro Zan. Lo scoop lo ha fatto il Corriere della Sera il 22 giugno. E ancora una volta, al di là del merito delle osservazioni (sulla libertà di espressione della Chiesa, in particolare), a tenere banco è stata la divisione tra clericali e progressisti in questo pontificato riformista di Francesco. Da una parte, per esempio, cattolici come l’ex ministro Andrea Riccardi, fondatore della comunità di Sant’ Egidio che a Repubblica del 24 giugno dice: “Credo che provenga (la nota, ndr) da ambienti italiani della Segreteria di Stato”. Riassunto del titolo dell’intervista: “La Nota non viene dal Papa”. Di segno opposto, invece, le parole di Giovanni Battista Re, decano del collegio dei cardinali, al Messaggero: “Questo intervento non solo corrisponde al pensiero e al desiderio dei vescovi italiani, ma posso dire che non c’è alcuna contrapposizione con il Papa. So che la Segreteria di Stato ha agito con l’approvazione del Santo Padre”. In pratica Francesco sapeva tutto, a maggior ragione se come ha detto Parolin si trattava di “un documento interno” da non pubblicare. Come ammette il citato Riccardi: “Va detto però che è un passo riservato e che tale doveva restare nella sua sofisticata diplomazia”. Anche per questo, probabilmente, il pontefice ha seguito in silenzio le polemiche divampate sul Concordato. E così si torna al punto di partenza: chi ha fatto uscire il documento? Un indizio decisivo lo ha dato ieri Marco Tarquinio, il direttore di Avvenire, il quotidiano dei vescovi italiani: “Ho sempre detto di credere alle buone intenzioni dichiarate dell’onorevole Zan, padovano (…), guarda un po’, come il giornalista che ha rivelato l’esistenza della riservata ‘nota verbale'”. L’autore dello scoop sul Corsera è infatti Giovanni Viafora, che di solito collabora con il Corriere del Veneto, dorso locale del giornale di via Solferino. Entrambi di Padova, dunque, Zan e Viafora. Non solo. A esercitarsi sulla manina è stata anche Repubblica arrivando a fare il nome di Maria Elisabetta Alberti Casellati, presidente del Senato, oltre a insinuare dubbi sulla Lega. E anche in questo caso si rimane a Padova: città natale di Casellati e dove ha lo studio legale il leghista Andrea Ostellari, relatore del ddl Zan al Senato. A questo punto, resta da capire chi ha voluto “bruciare la nota”: se il fronte Lgbt o quello clericale di destra».

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