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Oltre 2500 foche trovate morte sulle coste russe, sconosciute le cause della strage.

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I corpi di oltre 2500 foche del Caspio sono stati ritrovati senza vita lungo le coste russe del Mar Caspio, a Makhachkala, la capitale costiera della Repubblica del Daghestan vicino al confine con l’Azerbaigian. La causa della strage è ancora da individuare e sono in corso delle analisi, anche se, secondo la direttrice dell’Agenzia russa per il monitoraggio della natura, Svetlana Radionova, le morti sarebbero state provocate da un’asfissia dovuta alla fuoriuscita di gas sul fondo marino. Non si tratta tuttavia di una teoria condivisa da tutti, infatti alcuni membri del ministero per le Risorse naturali dello stato caucasico sostengo che i decessi siano avvenuti esclusivamente per “cause naturali”. Sarà necessaria qualche settimana prima di fare chiarezza sulla vicenda e comprendere se l’inquinamento o ulteriori fattori esterni possano aver giocato un ruolo. Nel frattempo cresce la preoccupazione per la pusa caspica, specie ad alto rischio di estinzione e vittima di un simile massacro già nel 2020, quando furono trovate circa 2000 foche morte sulle spiagge del Daghestan e dell’Azerbaigian. Non si sa se il numero questa volta si fermerà a 2500; come afferma Zaur Gapizov, capo del Centro per la protezione ambientale del Mar Caspio, potrebbe aumentare! Le foche sono probabilmente morte già da alcune settimane e le correnti che le stanno trasportando lungo un tratto di costa tra i due fiumi nella Repubblica del Dagestan potrebbero giocare brutti scherzi nei prossimi giorni. Non resta che attendere e sperare che non diminuisca ulteriormente il numero di una specie che all’inizio del secolo scorso contava oltre 1 milione di esemplari e che ha visto in 100 anni la sua popolazione calare del 90%. Oggi abitano il Mar Caspio solo 68mila esemplari adulti. Tra le cause della diminuzione si annoverano l’inquinamento, le fuoriuscite di petrolio, il bracconaggio, la pesca eccessiva e l’abbassamento del livello delle acque. Riassumendo, la foca è uno dei mammiferi che oggi soffre maggiormente per l’attività dell’uomo e i cambiamenti climatici.

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