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venerdì 25 Aprile 2025 - 01:55
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Riarmo in salita

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Il Consiglio Ue finisce prima e rinvia la sostanza del ReArm, che cambia anche nome. Sostegno incrollabile a Kiev. Insistono gli inglesi coi volenterosi. Gaza, nuova strage. Turchia, golpe permesso

Finisce prima il Consiglio europeo e con una cocente sconfitta politica di Ursula von der Leyen e di Kaja Kallas. Atterrati sulla realtà dei problemi, i Capi di Stato e di governo dei 27 hanno approvato teoricamente ma poi sostanzialmente frenato il ReArm Europe, proposto con tanta enfasi dalla Commissione nelle ultime settimane. Su tre punti soprattutto l’Europa è scettica e divisa: 1 Viene cambiato il nome, perché l’operazione riarmo è ribattezzata “Pronti per il 2030”. 2 I fondi europei non ci sono e i Paesi ricchi non vogliono contrarre debito comune, mentre diversi singoli Stati, fra cui Italia, Spagna e Francia, trovano difficile passare in proprio dal welfare al warfare, mettere cioè soldi del proprio bilancio in bombe e missili invece che in ospedali e pensioni. In controtendenza la Germania, che si arma fino ai denti, con un investimento da mille miliardi (“Così affossa il piano di stabilità”, dice peraltro Carlo Cottarelli). 3 Per tutti comunque meglio prendere tempo e aspettare la prossima riunione della Nato, a giugno, dove si capirà meglio il rapporto con i nuovi Stati Uniti di Donald Trump e quanto chiede all’Europa di spendere per restare sotto l’ombrello atomico.

Politicamente il sostegno degli europei all’Ucraina resta “incrollabile”, ma anche sul fronte del contributo finanziario alla guerra, il piano di Kaja Kallas ha dovuto ridursi di molto. Dagli iniziali 40 miliardi di aiuti militari si è passati a 5 miliardi immediati per armi e munizioni. Diversa è la vicenda dei “volenterosi”. Il premier inglese Keir Starmer ha riunito i rappresentanti di diversi Paesi: l’obiettivo è creare una forza militare di garanzia per Kiev. Fra i Paesi che aderiscono, pronti a inviare truppe, ci sono Francia, Svezia, Danimarca e Australia. Il governo di Varsavia, il più vicino all’Ucraina e in generale i Paesi dell’Est pro Kiev, preferiscono evitare un coinvolgimento diretto.

“Disarmo, disarmo, disarmo”, ha scritto Papa Francesco dalla sua convalescenza al Gemelli e oggi Avvenire (titolo dell’editoriale: La vera Europa non si riarma) ricorda San Benedetto che morì proprio il 21 marzo per dire con Bruno Forte che le radici dell’Europa sono cristiane e sono di pace. Richiamando poi alla storia vera dell’Europa moderna, che fu fondata da De Gasperi, Schuman ed Adenauer. In Italia infatti la polemica sul manifesto di Ventotene fra destra e sinistra fa da sfondo alle decisioni concrete della politica estera (su cui a ben guardare il Pd della Schlein e il governo non sono così distanti). Guido Viale sul Manifesto collega l’esaltazione bellicista, tanto diffusa, alla cultura maschilista/razzista. Scrive ironizzando: «A giustificare quel senso di superiorità che dovrebbe sostenere gli europei nella guerra, naturalmente per difendersi, ci ha comunque pensato, dal palco del 15 marzo di Piazza del Popolo, Roberto Vecchioni, snocciolando il rosario delle perle (letterarie) che “gli altri” non hanno. Mentre a promuovere una nuova leva di combattenti disposti a uccidere e a morire e un sano spirito guerriero ha provveduto oltre a Galli della Loggia, Antonio Scurati, con un articolo illustrato da autentici lanzichenecchi».

Sul Foglio Maurizio Crippa critica Pierferdinando Casini e gli altri cattolici che sono costretti a mettere fra parentesi De Gasperi per incensare il manifesto di Ventotene (che pure aveva “chiare venature laiciste”, come dice oggi Avvenire) e non perdere l’appartenenza a sinistra. Sulla corretta interpretazione storica di quel Manifesto resta attendibile la ricostruzione del suo insuccesso, dovuto soprattutto ai comunisti, come ha scritto Giovanni De Luna il 16 marzo sulla Stampa, prima della polemica e ben prima della lezione tv di Roberto Benigni (chi l’ha perso lo ritrova qui).

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