C’è un momento in cui la fama di un campione valica i confini nazionali e lo consacra come star mondiale. E’ quello che negli ultimi mesi sta capitando a Jannik Sinner, osannato dai tifosi non più soltanto in Italia ma dagli appassionati di tennis ovunque vada a giocare nel mondo. E se L’Equipe inventa un soprannome per lui (Sinnerminator) significa che quel passaggio è avvenuto. Per essere un campione universale però non basta essere il numero 1 di uno sport, è necessario qualcosa in più.
Come Valentino Rossi ed Alberto Tomba, il ragazzo di Sesto Pusteria è diventato simbolo dell’italianità. Una nuova italianità. Tomba e Rossi erano accomunati tra loro, seppur a distanza di anni l’uno dall’altro, da una particolare capacità comunicativa accompagnata da gesti irrituali durante e lontano dalle competizioni: un po’ “guascone” il bolognese che per primo ha spettacolarizzato lo sci, provocatore il fenomeno di Tavullia che ha trasformato la pista di MotoGp in un “circo” per i media. Sempre sorridenti, amati ma anche odiati, certamente mai anonimi. Sinner è un altro tipo di italiano: freddo, metodico, perfezionista, già concentrato sul prossimo obiettivo. Ma anche pronto a sciogliersi in un sorriso e a gesti di attenzione nei confronti di un raccattapalle o di un avversario. Impassibili anche quanto, come a Montecarlo, subisce una ingiustizia per una svista dell’arbitro.