Il “ministro degli Esteri” di Biden ha incontrato ieri a Roma Papa Francesco, il presidente del Consiglio Draghi e il capo dello Stato Mattarella. La cronaca di Marco Iasevoli per Avvenire.
«Gli incontri con Mario Draghi e Sergio Mattarella per blindare il nuovo corso dei rapporti Ue-Usa e la nuova stagione del multilateralismo. L’udienza da papa Francesco per allargare lo sguardo alle ferite del mondo e al dramma delle migrazioni. E in comune, nei faccia a faccia al Quirinale e in Vaticano, il forte monito del capo dello Stato italiano e del Pontefice perché Ue e Usa insieme assumano la guida morale del piano di vaccinazione globale. La giornata romana del segretario di Stato americano Antony John Blinken è andata quindi oltre la ministeriale anti-Daesh e si è caratterizzata per incontri ai massimi livelli istituzionali. In mattinata l’incontro con papa Francesco. Al centro dei 40 minuti di faccia a faccia, riferisce Ned Price, portavoce di Blinken, il dossier cinese, le crisi umanitarie in Libano, Siria, Tigray e Venezuela. Blinken spiega Price «ha riaffermato l’impegno degli Stati Uniti a lavorare a stretto contatto con la Santa Sede per affrontare le sfide globali e i bisogni dei meno fortunati e dei più vulnerabili del mondo, inclusi rifugiati e migranti». Raccontando poi in modo meno formale l’incontro con papa Francesco, Blinken ha parlato di un faccia a faccia «per me memorabile», «caloroso e gratificante». Il segretario di Stato Usa ha poi ringraziato su Twitter il Santo Padre «per la sua leadership e il suo impegno nell’affrontare la crisi climatica e la promozione dei diritti umani e della dignità umana nel mondo». Per il Vaticano, il direttore della sala stampa Matteo Bruni ha confermato che l’incontro con Blinken, durato circa 40 minuti, si è svolto in un «clima cordiale» ed è stato l’occasione, per papa Francesco, di ricordare il viaggio compiuto nel 2015 ed «esprimere il suo affetto e la sua attenzione al popolo degli Stati uniti d’America». La visita in Vaticano ha incluso anche incontri con il segretario di Stato della Santa Sede, il cardinale Parolin, e con il segretario per i Rapporti con gli Stati, l’arcivescovo Gallagher. Blinken – riferiscono fonti Usa – ha sottolineato gli sforzi comuni per promuovere la libertà religiosa e combattere la tratta di esseri umani. E ha ribadito il sostegno di Washington in favore di un ritorno alla democrazia in Venezuela. Tra i dossier, anche quello bielorusso. Oltre a una approfondita discussione sui diritti umani e sulla libertà religiosa in Cina. Nel pomeriggio Blinken è stato a Palazzo Chigi, ricevuto da Mario Draghi. Asciutta la nota della Presidenza del Consiglio: nell’incontro, si spiega, sono stati discussi i rapporti bilaterali nel più ampio quadro delle relazioni transatlantiche e l’esigenza di dare seguiti concreti al rinnovato clima di forte sintonia e collaborazione fra l’Ue e gli Usa. Sono state approfondite continua Palazzo Chigi – le principali sfide globali e sistemiche, quali la lotta alla pandemia, il rilancio economico e sociale e il contrasto ai cambiamenti climatici, nonché le più importanti crisi internazionali, con specifica attenzione all’instabilità nella regione mediterranea e alla Libia. Ma è al Quirinale che il quadro generale tratteggiato da Draghi e Blinken assume ‘nomi e cognomi’ precisi. Mattarella ha espresso soddisfazione per la fase di rilancio della collaborazione transatlantica e della ritrovata piena sintonia tra l’agenda Ue e quella Usa. «Si rafforza la convinzione – dice Mattarella – che Alleanza atlantica e integrazione europea siano pilastri non separabili dal punto di vista italiano, per un efficace contributo alla comunità internazionale». Da Mattarella anche un plauso al «buon senso» dimostrato da Ue e Usa su contenziosi come quello Airbus- Boeing, un metodo da replicare per arrivare, in sede Ocse, alla tassazione dei proventi dei giganti digitali. Mattarella ha molto insistito sulla Libia come «punto centrale per gli equilibri del Mediterraneo e per la politica estera e di sicurezza dell’Italia». E ha infine rilanciato il medesimo monito vaticano perché «Ue e Usa assumano la guida nella lotta alla pandemia, per offrire in maniera disinteressata alla comunità internazionale strumenti validi a tutela della salute di tutti i popoli».
La Repubblica, con il direttore Maurizio Molinari, ha intervistato proprio il Segretario di Stato Usa Tony Blinken.
«Nella conversazione che segue Blinken alza il velo su alcuni dettagli di questi duelli globali: con Pechino il terreno sono le «nuove regole per la tecnologia» e a Putin «abbiamo chiesto di bloccare gli hacker che ci attaccano». Mentre dalla Libia «presto vedremo l’inizio del ritiro delle truppe russe e turche». È il ritorno dell’America sulla scena internazionale, con due partner che Blinken considera strategici, anche se per ragioni diverse: Italia e Santa Sede. Segretario Blinken, lei ha più volte sottolineato l’importanza per gli alleati di affrontare assieme problemi comuni come la pandemia, i cambiamenti climatici e le diseguaglianze. A che punto è questo processo e dove può portare le democrazie? «Credo che questo processo stia già dando importanti risultati. Guardiamo a che cosa è avvenuto solo nelle ultime settimane: al G7, alla Nato, al summit Ue-Usa. Al G7 le democrazie si sono unite sul Covid per fornire un miliardo di dosi di vaccini a più Paesi in tutto il mondo che ne hanno bisogno. E senza chiedere favori in cambio, come invece altri stanno facendo. Al G7 ci siamo uniti anche contro il riscaldamento globale, impegnandoci a non finanziare impianti a carbone, la maggiore fonte di emissioni nocive. E abbiamo varato un piano per investire nei Paesi a reddito medio e basso per ricostruire le infrastrutture, rispettando trasparenza, ambiente e diritto al lavoro. Si tratta di risultati concreti come lo è anche l’intesa sulla “corporate minimum tax” del 15 per cento, che è destinata ad essere uno strumento molto potente». Che cosa dimostrano questi accordi ottenuti in pochi mesi? «Dimostrano che le democrazie possono ottenere risultati importanti, per i loro abitanti e per quelli che vivono in altri Paesi». Perché è così importante? «Perché le autocrazie ci dicono che le democrazie non possono riuscire. Sono inefficienti, incapaci di ottenere risultati. Soltanto con il G7 abbiamo dimostrato che si sbagliano. La Nato e il summit Usa-Ue lo hanno ulteriormente confermato». Parlando di autocrazie. Il summit della Nato ha definito la Cina una “minaccia strategica”. Come è possibile per gli alleati riuscire a contenerla o ridurla? «È importante comprendere che la Cina è la nazione più complicata con cui abbiamo a che fare nelle nostre relazioni. Ci sono terreni sui quali è avversaria, altri sui quali è un rivale ed altri ancora sui quali invece è un partner. Non c’è una singola parola che può definire questo tipo di relazioni. Gli Stati Uniti rispettano il fatto che altri Paesi hanno relazioni diversificate con la Cina. Non chiediamo a nessuno di scegliere fra noi e la Cina. È però vero che quando abbiamo a che fare con la Cina – come avversario, rivale o partner – siamo molto più efficaci se agiamo assieme. Questa è stata la convergenza fra i summit G7, Nato e Usa-Ue». Qual è il punto cruciale dell’intesa Usa-Ue sulla Cina? «In particolare al summit Usa-Ue abbiamo deciso di cooperare più strettamente su commercio e tecnologia, incluso quando si tratta di decidere norme e standard perché è in corso una grande competizione proprio su questi temi: stabilire le regole sull’uso delle tecnologie che modificano le nostre vite. La Cina vuole riuscirci, noi vogliamo che tali norme riflettano i nostri valori». Negli ultimi anni la Cina ha tentato con grande energia di diventare protagonista delle telecomunicazioni in Italia, come anche di avere porti marittimi. Considerate l’Italia un terreno di scontro fra l’Occidente e la Cina? «L’Italia ha fatto un lavoro cruciale per proteggere il proprio network 5G dalla partecipazione di “venditori inaffidabili”. La vostra legislazione su questo tema è di grande valore. Al tempo stesso è molto importante che quando arrivano investimenti da altri Paesi si effettuino i controlli necessari sulla loro origine. Soprattutto tenendo presenti le esigenze della sicurezza nazionale, dell’Italia come di altri Paesi». E sull’hi-tech? «Quando si tratta di tecnologia la soluzione migliore non è semplicemente alzare dei muri attorno a tutto, ma agire assieme per difendere come serve ciò su cui si concentrano i nostri timori. Assicurando però che commercio e investimenti continuino». Molti degli attacchi cyber che raggiungono l’Europa, ed anche l’Italia, vengono da “attori russi”. Come è possibile difenderci meglio? «Quando il presidente Biden ha incontrato il presidente Putin a Ginevra, questo è stato uno dei temi principali. Noi siamo stati di recente colpiti da un grande attacco cyber a fini di ricatto – contro un nostro oleodotto nella Costa Orientale – proveniente non da un Paese, ma da un gruppo criminale. I responsabili di questo attacco vivono in Russia. Alla Russia dunque abbiamo detto che nessuno Stato responsabile può ospitare o dare rifugio ad associazioni criminali responsabili di attacchi cyber a fini di ricatto». Che cosa vi aspettate da Putin? «Ci aspettiamo che la Russia agisca per evitare che questi attacchi cyber possano ripetersi. Al tempo stesso vi sono infrastrutture di interesse strategico – acqua, elettricità, trasporti pubblici – che devono essere protette da attacchi cyber. Lo abbiamo detto chiaramente a Putin. Vedremo se vi saranno dei risultati. Più in generale, come Biden ha detto al capo del Cremlino, ci auguriamo di avere con la Russia una relazione più stabile e proficua. Possiamo lavorare assieme su temi strategici come il controllo degli armamenti, il cyber, le crisi regionali. Ma se la Russia continuerà ad aggredirci, o ad agire come ha fatto con gli attacchi SolarWind, le intrusioni nelle nostre elezioni e l’aggressione a Navalnyj, allora risponderemo. Non perché vogliamo conflitti, ma perché abbiamo a cuore i nostri valori e principi. Sta alla Russia decidere». Il summit Nato ha espresso sostegno al processo politico in Libia in vista delle elezioni, chiedendo a tutte le truppe straniere di lasciare il Paese. Ma se Russia e Turchia non dovessero farlo, che cosa farà l’Alleanza? «L’incontro a Berlino sulla Libia è stato positivo. C’è un forte consenso su due punti: la necessità di far svolgere il voto il 24 dicembre – per eleggere il Parlamento e il presidente – al fine di avere una base di legittimità per il governo; le truppe straniere devono andarsene in applicazione delle decisioni Onu. Il consenso internazionale su questi aspetti è molto forte e non può essere ignorato da Stati che hanno in Libia forze regolari o irregolari, incluse Russia e Turchia. Glielo abbiamo detto direttamente». Crede davvero che Mosca e Ankara ritireranno le truppe? «Credo che inizieremo presto a vedere il processo di ritiro delle forze straniere. Non sarà immediato e prenderà tempo. Ma credo che avrà luogo».