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Flotilla, il governo Meloni non pagherà i voli di rimpatrio degli italiani arrestati

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Il governo di Giorgia Meloni ha deciso di non coprire le spese per il ritorno in Italia dei cittadini coinvolti nella Global Sumud Flotilla, fermati dalle autorità israeliane. La linea dell’esecutivo è chiara: garantire assistenza consolare e legale, ma non sostenere i costi dei voli di rimpatrio. Gli attivisti dovranno quindi provvedere autonomamente al pagamento del biglietto o affidarsi a reti di sostegno e associazioni solidali che si stanno mobilitando per aiutarli.

Dopo l’arresto, i 22 partecipanti italiani saranno identificati ad Ashdod e avranno due possibilità: rientrare volontariamente a partire dal 3 ottobre oppure attendere l’espulsione forzata, che scatterebbe dal 5 ottobre. In ogni caso, il biglietto non sarà a carico dello Stato. Ambasciate e ministero degli Esteri sono già al lavoro per garantire la tutela consolare e scongiurare eventuali processi in Israele. La scelta del governo Meloni ha un forte valore politico. L’obiettivo dichiarato è lanciare un messaggio preciso: lo Stato non finanzierà operazioni considerate controverse, soprattutto in un contesto geopolitico delicato come quello della Striscia di Gaza. Una posizione che si discosta da precedenti casi in cui l’Italia aveva messo a disposizione voli di Stato anche per situazioni delicate o giudiziarie.

L’apparente volontà del Governo Meloni di non farsi carico delle spese di rientro ha comportato non poche polemiche

La decisione ha però aperto un dibattito interno. Da una parte, c’è chi ritiene giusto non far ricadere sulle casse pubbliche i costi di azioni individuali legate all’attivismo politico; dall’altra, le associazioni umanitarie e diversi esponenti dell’opposizione sottolineano che la protezione dei cittadini all’estero dovrebbe essere garantita in ogni circostanza, anche se fonti della maggioranza riferiscono che non si tratta di una “vendetta”. Il nodo centrale resta la disparità di trattamento: chi dispone di risorse economiche potrà affrontare facilmente il rientro, mentre chi non ha mezzi adeguati rischia di restare penalizzato. Il caso della Flotilla diventa così un banco di prova per il governo Meloni, costretto a bilanciare la necessità di difendere i cittadini italiani all’estero con la volontà politica di non avallare iniziative percepite come rischiose sul piano internazionale.

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