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mercoledì 23 Aprile 2025 - 00:45
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No di popolo alla guerra

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A Gaza e a Tel Aviv. E anche in Turchia i popoli contro i potenti della Terra e per la pace. L’Europa calza l’elmetto, la Germania torna ai Krupp. In Italia isteria “prodiana”. Giù i redditi familiari

Sale il no alla guerra come un disperato appello ai potenti della Terra che invece calzano l’elmetto dell’aggressione bellica e della repressione violenta nei loro Paesi. Benjamin Netanyahu come Recep Tayyip Erdogan, Vladimir Putin come i terroristi di Hamas. Anche Emmanuel Macron e Volodymyr Zelensky da Parigi teorizzano che le truppe europee da dispiegare in Ucraina devono essere offensive e non difensive, alla vigilia della riunione odierna dei “volenterosi”. Eppure, i popoli sono schiacciati dalla guerra e vorrebbero ribellarsi. Oggi la nostra Foto del Giorno, ispirata da Avvenire, ritrae una doppia situazione: le manifestazioni spontanee nella Striscia contro i terroristi di Hamas e le quotidiane proteste contro il governo Netanyahu a Tel Aviv che chiedono la liberazione degli ostaggi. Per non parlare (ne tratta il grande scrittore Orhan Pamuk sul Corriere) della rivolta morale del popolo turco al golpe del 19 marzo. Ieri Nello Scavo ci aveva raccontato la disperata voglia di fine della guerra dei contadini ucraini, che per seminare nei loro campi sminano il terreno con bastoni di legno, rischiando la vita. I popoli, che pagano il prezzo delle guerre, vogliono la pace. A parole vorrebbe la tregua anche il presidente americano Donald Trump ma la sua pax sembra spesso centrata più su interessi brutali di un’America predatoria (a Gaza come in Ucraina) che su una reale volontà di pace. E tuttavia è giusto sperare nelle trattative di Riad e nella ripresa della tregua in Medio Oriente. Come spiega bene Massimo Borghesi in un’intervista a La Verità.

In questa situazione tragica e caotica insieme, dove sembra contare solo la logica della forza e della prepotenza, quello che sconcerta è il clima bellicista di tanti leader europei. È vero: il ReArm Eu della Ursula von der Leyen è stato fortemente ridimensionato, ha cambiato nome ed è stato sostanzialmente rinviato. Ma in Germania il vecchio Parlamento, delegittimato dal voto popolare, ha preso una decisione storica: i tedeschi si riarmano fino ai denti con 1000 miliardi di investimento. Una decisione che fra l’altro ha già provocato un terremoto negli spread e nei mercati e che rischia di mettere Paesi come l’Italia e la Spagna, già indebitati, in una posizione economica debolissima. Scrive Domenico Quirico sulla Stampa: «Siamo al ritorno dei Krupp, i fabbricanti di cannoni, i signori dell’acciaio (bellico), gli alchimisti della guerra industriale. Il riarmo, che è stato per anni una parola maledetta, ora incanta. (…) È una singolare catarsi emozionale. (…) Non risuonano echi sconcertanti con i discorsi di questi giorni ai vertici straordinari di Bruxelles, Parigi, Londra? Il baccano militarista del vecchio Marte amplificato dagli altoparlanti delle nuove tecniche di comunicazione diventa la rivelazione finale del capitalismo europeo intontito dalla ennesima crisi. L’astro pallido di possibili tregue che avrebbe dovuto illuminare il centro dell’Europa si occulta. I politici di Bruxelles passano il testimone ai Consigli di amministrazione della industria dell’apocalisse: qui ci sono i soldi, fate presto!». Massimo Cacciari dice oggi al Fatto: «L’idea che si possa diventare forti politicamente attraverso un riarmo generalizzato, che avviene Stato per Stato, è l’assurdità delle assurdità. A prescindere da ogni posizione, si tratta proprio di illogicità, di una mancanza completa di intelligenza storica, di strategia, di prospettiva».

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